Imposte

Cessione di bancali in legno alla prova del reverse charge

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di Marco Cantisani e Stefano Pavesi

L'Iva sulla cessione dei bancali in legno (pallet) recuperati a cicli di utilizzo successivi al primo è applicata dai cessionari in luogo dei cedenti. La legge di stabilità apporta infatti una modifica all'articolo 74, settimo comma del decreto Iva, estendendo ai bancali in legno recuperati il particolare regime di inversione contabile già applicato alle cessioni di rottami ed altri materiali di recupero.

La norma è finalizzata al contrasto delle frodi fiscali aventi ad oggetto tali beni. In particolare ha assunto una diffusione allarmante il fenomeno della sottrazione indebita di pallet in legno che, a seguito della relativa riparazione, erano venduti ai produttori di beni mediante emissione di fattura con addebito di Iva. Il mancato versamento dell'Iva all'Erario consentiva ai venditori di tali pallet di poterli rivendere a prezzo scontato, turbando così il regolare funzionamento del mercato.

Per contrastare tale fenomeno, una proposta di legge del 2010 prevedeva l'introduzione dell'aliquota Iva agevolata del 4% sulle cessioni di pallet in legno usati. Tale misura avrebbe eliminato l'illecito vantaggio fiscale ritraibile dall'omesso versamento dell'imposta, rendendo così nullo il vantaggio concorrenziale illecitamente perseguito. L'applicazione del meccanismo di inversione contabile previsto dalla nuova disposizione è più coerente con le misure di contrasto alle frodi Iva ordinariamente applicate nei settori a rischio.
Sotto il profilo oggettivo l'inversione contabile opera con riferimento alle cessioni di tutti i pallet in legno che avvengano successivamente al loro primo utilizzo. Se si considera che l'obbligo di inversione contabile opera anche con riferimento alle cessioni di pallet usati che siano stati ripuliti, selezionati, tagliati, ecc. e che la distinzione di questi ultimi dai pallet al primo utilizzo è poco agevole, l'applicazione concreta della norma – con finalità di prevenzione delle frodi - appare difficoltosa. Per tale motivo si auspica un intervento chiarificatore da parte dell'agenzia delle Entrate.

Sotto il profilo soggettivo, invece, la norma impone l'applicazione dell'inversione contabile ad opera del cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. Sul punto, si osserva che la norma è stata già commentata, benché con riferimento alle cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli, dalla risoluzione 28/E del 2012. In tale occasione la prassi ha confermato che l'obbligo di applicazione dell'Iva mediante inversione contabile incombe su tutti i cessionari che operino nell'esercizio di impresa, arte o professione, a nulla rilevando la circostanza che essi siano o meno soggetti residenti o stabiliti in Italia. Se essi in particolare sono soggetti passivi non stabiliti in Italia devono dotarsi di un numero di identificazione Iva italiano al fine di adempiere al proprio obbligo di applicazione dell'imposta.

Si ricorda che in caso di errata o mancata applicazione della disposizione si rendono applicabili le sanzioni al comma 9-bis dell'articolo 6 del Dlgs 471/1997, nella misura compresa tra il 100% e il 200% dell'imposta che non sia stata assolta (con un minimo di 258 euro), ridotta al 3% nel caso in cui l'imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente dal cedente in luogo del cessionario o viceversa.

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