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Cessione di collabente non riqualificabile come area edificabile

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di Cristina Odorizzi

La domanda

La cessione di un fabbricato collabente iscritto al catasto fabbricati (categoria catastale F/2, privo di rendita catastale) come deve essere trattata? Facendo seguito alla sentenza della Corte di giustizia del 4 settembre 2019 (causa c-71/18), può valere per il collabente lo stesso principio affermato nella sentenza e cioè che la cessione non può essere configurata come vendita di area edificabile, ma deve essere trattata come cessione di fabbricato (sebbene collabente)? E ciò tanto sotto il profilo delle imposte indirette (registro) che delle dirette (eventuale tassazione della plusvalenza).

In premessa, si ricorda che si definiscono unità collabenti i fabbricati (o porzioni di fabbricati), che per le loro caratteristiche (o l’accentuato livello di degrado) non sono suscettibili di produrre reddito. Essi sono accatastati nell’apposita categoria catastale F/2 “unità collabenti”. Si tratta, quindi, di fabbricati fatiscenti, diruti, ruderi, interessati da pericolo di crollo o da cedimento, inagibili (esempio, tetto crollato), o comunque non abitabili, né utilizzabili a causa di inesistenza di elementi strutturali ed impiantistici, che non possono diventare abitabili con semplici interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ma necessitano di interventi più radicali, fino alla demolizione. Qualora si sia in presenza di questa tipologia di fabbricati, è possibile – non obbligatorio – accatastare l’immobile, anche se precedentemente dotato di rendita catastale, nella categoria cosiddetta “fittizia” F/2, categoria per immobili collabenti. Devono essere rispettati dei presupposti:
a) l’immobile deve aver perso la propria capacità reddituale;
b) l’immobile deve essere ancora individuabile e/o perimetrabile, in quanto persistono i requisiti materiali relativi alla copertura, alla struttura portante, ai solai e ai muri perimetrali.

In particolare, per la categoria dei fabbricati collabenti l’agenzia delle Entrate, con la nota direttoriale del 30 luglio 2013, protocollo n. 29440, ha precisato che l’accatastamento è una facoltà e non un obbligo.

L’eventuale iscrizione nella categoria catastale F/2 tra i fabbricati collabenti ha delle ripercussioni da un punto di vista fiscale. Infatti, in tal caso, ai fini Imu, l’immobile non è più considerato tale, ma viene equiparato a un’area edificabile. Ai fini delle imposte dirette la Corte di Cassazione (sentenza n. 5166/2013) ha ritenuto che la cessione unitaria di un terreno agricolo con fabbricati ex rurali collabenti, destinati alla demolizione e ricostruzione, deve essere considerata come cessione di area fabbricabile, ai fini delle imposte dirette. La Cassazione richiama aspetti specifici delle cessioni di immobili da abbattere, questione che sarà analizzata più avanti.

Nel caso specifico, era stata richiesta ed ottenuta, prima dell’effettuata vendita, la concessione edilizia per il recupero di fabbricati civili con opere di demolizione e nuova costruzione. Nel caso di specie, la vendita è stata qualificata quale operazione unitaria; non è pertanto stato possibile frazionare il contratto come se avesse due distinti oggetti, terreno e fabbricato, e applicare la plusvalenza unicamente all’area di sedime e/o alla maggiore superficie occupata dalla nuova costruzione. Quindi, secondo la Cassazione, i fabbricati collabenti sono da considerare fiscalmente come area fabbricabile, in quanto lo strumento urbanistico comunale (articolo 2, decreto legislativo 504/1992) ne prevede solitamente il recupero edilizio, anche se nei limiti delle cubature esistenti. Nello stesso senso, Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo n. 122 del 24 febbraio 2017: «la dichiarata inagibilità del fabbricato da parte del Comune nell’anno 2005 (la copertura era del 2010) non può, da sola, costituire elemento determinante per la riqualificazione dell’oggetto della compravendita». Risulta che l’immobile fosse stato abitato fino all’anno 2006 in forza di un contratto di affittanza agraria. Come detto, la citata sentenza della Cassazione si rifà in certa misura al tema della cessione degli immobili da abbattere. In merito, a seguito di una risposta ad un interpello, l’Amministrazione finanziaria (risoluzione n. 396/E/2008), ha ritenuto queste cessioni equiparate alla cessione di terreni edificabili. Si è quindi generato un rilevante contenzioso tra contribuenti e l’agenzia delle Entrate, che riqualifica tali atti come cessione di terreno edificabile. La giurisprudenza si è pronunciata in numerose occasioni a favore del contribuente, ma va tenuto presente che una specifica interrogazione parlamentare di luglio 2014 (n. 5-0322 del 15 luglio 2014), sul punto ha avuto come risposta la conferma del corretto operato degli uffici, disattendendo quanto sostenuto dalla Cassazione. Da ultimo, con sentenza del 4 settembre 2019, pronunciata con riferimento alla causa C 71/18, la Corte Ue ha reso la corretta interpretazione degli articoli 12, paragrafo 1, lettere a) e b), e paragrafi 2 e 3, nonché 135, paragrafo 1, lettere j) e k), della direttiva citata, precisando che «un’operazione di cessione di un terreno che incorpora, alla data di tale cessione, un fabbricato non può essere qualificata come cessione di un terreno edificabile quando tale operazione è economicamente indipendente da altre prestazioni e non forma, con queste ultime, un’unica operazione, anche se l’intenzione delle parti era che il fabbricato fosse totalmente o parzialmente demolito per fare posto ad un nuovo fabbricato».

La Corte di giustizia, nel testo della decisione, ha precisato che la vendita di bene immobile composto da un terreno e da un fabbricato di cui è prevista la demolizione potrebbe essere considerata come un’operazione unica, avente ad oggetto la cessione di un terreno non edificato, solo quando sussistano talune circostanze oggettive atte a dimostrare che la vendita è così strettamente connessa alla demolizione del fabbricato che la loro divisione avrebbe carattere artificiale. Questa ultima pronuncia, inerente a rigore i fabbricati da abbattere e non i collabenti, pare a favore dei contribuenti in quanto si allontana dall’automatismo della classificazione del fabbricato da abbattere in terreno edificabile. Si auspica un definitivo chiarimento dell’agenzia delle Entrate sulla complessiva materia.

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