Cessione d’azienda, i debiti inerenti riducono l’imponibile del registro
Negli accertamenti di valore sulle cessioni d’azienda Fisco e contribuenti finiscono spesso per litigare sui debiti. L’azienda, stante la sua natura di «complesso di beni organizzati» (articolo 2555 del Codice civile) non comprende soltanto beni e rapporti giuridici attivi, ma anche le passività ad essa riconducibili (debiti, Tfr, eccetera). L’articolo 2560 del Codice civile stabilisce, infatti, uno specifico nesso tra le passività e l’azienda. Prevedendo che – a prescindere dalle pattuizioni contrattuali sull’attribuzione dei debiti – l’acquirente dell’azienda è responsabile in solido per i debiti contratti prima della cessione, purché risultanti dalle scritture contabili obbligatorie.
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Appare dunque corretto che il valore dell’azienda ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro sia determinato tenendo conto – a riduzione di esso – delle passività aziendali trasferite al cessionario. Questo principio è sancito dal Dpr 131/86 (Tur), anche se nell’ambito di una disposizione (articolo 51, comma 4) che ha fatto sorgere non pochi dubbi interpretativi, perché prevede che il valore dell’azienda sia «controllato dall’ufficio con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento (...), al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l’alienante si sia espressamente impegnato ad estinguere (...)».
Questa ambigua formulazione ha condotto a una tesi, peraltro ripresa da taluna giurisprudenza della Cassazione (sentenze 22223/2011 e 23873/2015), in base alla quale solo l’ufficio potrebbe scomputare, in sede di accertamento, le passività aziendali. È una soluzione irrazionale, e la stessa amministrazione (nota del 28 dicembre 2017 della Dre Lombardia), oltre che la giurisprudenza di merito (Ctp Modena 417/2/2018), ha precisato che in caso di cessione d’azienda la base imponibile è determinata al netto delle passività aziendali trasferite.
Ciò è implicitamente confermato dall’articolo 23, comma 4, del Tur, norma che – quando ci sono beni aziendali a cui si applicano aliquote diverse del registro – richiede di imputare a ciascuno di essi le passività aziendali in proporzione del loro rispettivo valore.
Diverso è il caso delle passività, non afferenti all’azienda, che il cessionario si accolla quale pagamento parziale o totale del corrispettivo di acquisto. Restando estranee al compendio aziendale ceduto, tali passività incidono solo sul pagamento del prezzo e non possono essere dedotte dalla base imponibile (da ultimo, Cassazione 888/2019).
Alcuni uffici hanno adottato la prassi di disconoscere la deducibilità dall’imponibile dell’imposta di registro di quelle passività che il Fisco qualifica come “non inerenti” all’azienda. Come è stato evidenziato dal Notariato (studio 99-2017/T), non è, infatti, sufficiente che la posta passiva sia presente nelle scritture contabili dell’azienda ceduta: per essere deducibile, essa deve risultare pertinente alle esigenze e finalità aziendali.
La giurisprudenza ha evidenziato la necessità di valutare in concreto la consistenza dell’azienda oggetto della cessione, rispetto alla quale costituiscono indici rilevanti per la corretta tassazione dell’atto elementi quali:
● l’appostazione contabile;
● i documenti aventi data certa;
● i titoli negoziali dedotti;
● le clausole inserite.
È sicuramente errato considerare i debiti come «non inerenti a prescindere» (Cassazione 2048/2017), mentre non è pacifico se l’onere probatorio gravi sul contribuente (Cassazione 9888/2017) o sul Fisco (Cassazione 10218/2016).
Nella formulazione degli atti di cessione d’azienda è importante evidenziare la riconducibilità delle passività trasferite all’azienda ed evitare formule che richiamino l’«accollo», perché in tal caso si rischia non solo che l’ufficio ritenga tali passività non scomputabili dal valore lordo dell’azienda, ma addirittura che le consideri ad incremento della base imponibile ex articolo 43, comma 2, del Tur in base al quale «i debiti o gli altri oneri accollati e le obbligazioni estinte per effetto dell’atto concorrono a formare la base imponibile».
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