Imposte

Cessione partecipazioni, no all’esenzione Iva se l’intermediazione non è neutrale

Interpello 437: l’interesse all’operazione configura un’«obbligazione di fare, non fare e permettere» con Iva al 22%

Non è esente da Iva l’attività di intermediazione nella cessione di partecipazioni, quando l’intermediario non svolge un ruolo neutrale e ha un interesse nell’operazione. Questo è il principio espresso nella risposta a interpello 437 delle Entrate.

Nel quesito sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria, la società istante chiede dei chiarimenti in merito all’applicazione dell’articolo 10, comma 1, n. 9) Dpr 633/1972 ad un mandato a vendere delle quote societarie, ovvero circa la possibilità di considerare il compenso percepito dalla società mandataria in esenzione Iva. Sul punto è noto che, in recepimento dell’articolo 137, paragrafo 1, lettera f), direttiva 2006/112/Ce, la norma richiamata considera esenti dall’imposta le prestazioni di mandato, mediazione ed intermediazione relative alle operazioni esenti, tra cui si colloca la cessione di azioni, quote societarie, obbligazioni e altri titoli (articolo 10, comma 1, n. 4 Dpr 633/1972).

Nello specifico, l’Amministrazione ricorda il significato che la Corte di Giustizia ha attribuito al termine «negoziazione», il quale indicherebbe «un’attività fornita da un intermediario che non occupa il posto di una parte in un contratto relativo ad un prodotto finanziario e la cui attività è diversa dalle prestazioni contrattuali tipiche fornite dalle parti di un siffatto contratto». Dunque si tratta di un’attività che, dietro corrispettivo, mira a fare il necessario affinché due parti concludano un contratto, senza che il negoziatore abbia un proprio interesse riguardo al contenuto del contratto stesso (cfr. Cgue, sentenza C-235/00).Sulla scia della posizione espressa dai giudici europei, anche la Suprema Corte, nella sentenza n. 6607/2013, aveva escluso la sussistenza di un’attività di mediazione di compravendita di azioni per difetto dell’elemento essenziale della fattispecie costituito dall’imparzialità in un caso in cui una delle parti, che originariamente era interessata all’acquisto di azioni/obbligazioni, era stata sostituita da un’altra per un accordo remunerato e col consenso negoziale del venditore. L’operazione era stata sottoposta ad Iva trattandosi di prestazione generica.

Alla medesima conclusione arriva l’Amministrazione finanziaria. Essendo l’imparzialità un elemento essenziale della mediazione, non può ravvisarsi una siffatta attività relativa alla compravendita di azioni quando il mediatore ha un interesse nell’affare. Di conseguenza, l’operazione non può essere ricondotta tra quelle esenti per il combinato disposto dei 4) e 9) dell’articolo 10, comma 1, Dpr 633/1972. Nel caso in specie, secondo le Entrate, il coinvolgimento della società mandataria è tale da non potersi ritenere mediatore imparziale. Di fatto, se nel primo mandato conferito alla società emergere la possibilità di acquistare essa stessa le quote, nel secondo, pur venendo meno l’espressa previsione, emerge quanto meno un collegamento tra la mandataria e la parte acquirente, nella cui compagine societaria sono presenti persone e società riconducibili ai soci della mandataria e all’amministratore della stessa.

La conseguenza è che la prestazione resa non rientra nel novero delle esenzioni di cui all’articolo 10 del Dpr 633/1972, bensì è soggetta ad Iva con aliquota ordinaria in quanto «obbligazione di fare, non fare e permettere» di cui all’articolo 3 dello stesso decreto.

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