Imposte

Cessione a termine di valuta: prelievo sulla plusvalenza virtuale

La risposta a interpello 210/2020 delle Entrate prefigura una possibile doppia imposizione

Il risultato fiscalmente rilevante che deriva dalla cessione a termine di valuta è un risultato meramente “virtuale” che non necessariamente coincide con la plusvalenza/minusvalenza effettivamente realizzata tramite l'operazione, in quanto si basa sul tasso di cambio a pronti alla data di stipula del contratto e non su quello alla data di effettivo acquisto. E ciò a prescindere dall'eventuale tassazione sul prelievo dal conto corrente della valuta utilizzata per perfezionare il contratto di cessione, che costituisce autonomo presupposto di imposizione.

Questo è il principio indicato dalla risposta a interpello 210/2020 delle Entrate, che può apparire dirompente sul piano sostanziale, in quanto contrario ai principi generali dell'ordinamento fiscale, sebbene a ben vedere coerente, sul piano formale, con la normativa attualmente vigente.

In dettaglio, il caso riguarda un contratto di cessione di valuta («Deliverable FX forward») stipulato da un contribuente italiano. In base al contratto, il venditore si impegna a pagare al compratore un ammontare fisso di dollari e l'acquirente si impegna a pagare al venditore un ammontare fisso di euro. Entrambi gli importi sono pagati ad una data futura concordata e la valuta utilizzata per regolare il contratto alla scadenza stabilita viene acquistata il giorno prima della liquidazione. Le valute in questione sono attinte da conti correnti detenuti all'estero, la cui giacenza è risultata superiore a 51.645,59 euro per oltre 7 giorni lavorativi; circostanza che – lo si ricorda – rappresenta il presupposto fattuale rilevante ai fini della tassazione dell'eventuale prelievo di valuta. Il contribuente chiede conferma all'Agenzia che il risultato fiscalmente rilevante realizzato sul contratto di cessione a termine di valuta sia la sola componente speculativa, calcolata come differenza tra il cambio a pronti alla data della stipula e quello alla data dell'acquisto della valuta, senza tener conto della differenza tra il cambio a pronti alla data di consegna e quello alla data di acquisto. Se si prendesse a riferimento anche il corrispettivo a termine, lo scarto “a termine” assumerebbe rilevanza fiscale due volte, sia nella determinazione del differenziale da cessione a termine sia in quella da prelievo di valuta dal conto corrente; e ciò in violazione del divieto di doppia tassazione/deduzione previsto dall'ordinamento.

L'Agenzia risponde negativamente. La risposta a interpello ricorda anzitutto che, ai sensi della medesima lettera c-ter) e del comma 1-ter dell'articolo 67 del Tuir, si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente, a condizione che nel periodo d'imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all'inizio dell'anno, sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui. In tale ipotesi il legislatore ha equiparato il prelievo dal conto corrente o dal deposito alla cessione a titolo oneroso della valuta, a nulla rilevando la finalità a cui le somme prelevate sono destinate. Inoltre, dopo aver ribadito che le cessioni a termine di valuta rilevano fiscalmente ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c-ter, del Tuir, l'Agenzia rinvia, per le modalità tecniche del calcolo del differenziale, al successivo articolo 68, in base al quale si assume come costo il valore della valuta al cambio a pronti vigente «alla data di stipula del contratto di cessione».

Il riferimento al tasso a pronti alla data di stipula, anzichè a quello alla data di acquisto, è, secondo l'Agenzia espressivo di una precisa scelta del legislatore di non sottoporre a imposizione i differenziali positivi o negativi effettivamente conseguiti attraverso tali contratti, ma soltanto i differenziali di carattere “virtuale”. Secondo il ragionamento svolto dall'Agenzia, non assume dunque rilevanza né la eventuale differenza tra il cambio alla data della stipula del contratto e quello alla data di acquisto né - ed è questa la costa che più desta perplessità e che merita forse un approfondimento – la circostanza che la data di acquisto rilevi invece ai fini del calcolo della (ulteriore ma, a ben vedere, in parte coincidente) plusvalenza registrata sul prelievo di valuta sul conto corrente. Secondo l'Agenzia, infatti, l'acquisto di valuta estera, seppur funzionale a regolare l'operazione di cessione a termine, costituisce un'operazione indipendente da tale contratto e come tale rappresenta un autonomo presupposto di imposizione rispetto alla specifica operazione di investimento di cessione a termine.

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