Cessioni di immobili tassate 600 euro solo nei piani di tutela del lavoro
Applicazione limitata solo ai contratti finalizzati alla continuità aziendale
La norma che abbatte alla misura fissa le imposte di registro, ipotecaria e catastale per il trasferimento degli immobili strumentali nell’ambito di una cessione di azienda (articolo 1, comma 237, legge 234/2021) va letta nel contesto in cui è scritta e, quindi deve intendersi applicabile solo ai contratti stipulati nell’ambito di piani volti a salvaguardare il tessuto occupazionale e la continuità aziendale (commi 224 e seguenti dell’articolo 1) e nel solo caso delle aziende che:
O nell’anno precedente, abbiano impiegato mediamente almeno 250 dipendenti (comma 225);
O intendano procedere alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività (comma 224);
O prevedano di effettuare un minimo di 50 licenziamenti (comma 224).
Lo afferma la circolare 3/E/2022: insomma la norma non si applica a qualsiasi cessione di azienda, come appare essere a una sua prima lettura, ma solo al ricorrere dei presupposti citati.
A parte questo chiarimento, il documento non affronta gli altri aspetti problematici della norma. Ad esempio, il tema che, nel primo periodo del comma 237, si subordina la sua applicazione a due condizioni (la «continuazione dell’attività» dell’azienda oggetto di cessione e il «mantenimento degli assetti occupazionali») e poi quando, invece, nel suo secondo periodo, nel dettare le fattispecie in cui si ha decadenza dall’agevolazione (comminando il recupero dell’imposizione “ordinaria”, ma nessuna sanzione):
dimentica il «mantenimento degli assetti occupazionali» (quindi si apre il tema se il mancato mantenimento integri una fattispecie di decadenza);
indica, come ipotesi di decadenza, la «cessazione dell’attività» aziendale entro cinque anni dall’atto agevolato e il «trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili» in questione entro il quinquennio in questione.
Quanto al «mantenimento degli assetti occupazionali», non esistendo una definizione normativa di tale concetto, non resta che ricorrere a una lettura di buon senso: il requisito parrebbe rispettato se non vi siano licenziamenti collettivi, mentre appaiono tollerabili piccole variazioni nel quantitativo di personale presente in azienda. Inoltre, dovrebbero essere ininfluenti le variazioni del personale conseguenti a licenziamenti di natura disciplinare (o casi analoghi).