I temi di NT+Modulo 24

Cibi da asporto, Iva al 10% se il servizio è preponderante

Aliquota ridotta se l’attività di servizio è preponderante rispetto alla semplice cessione di beni

di Benedetto Santacroce


Con una norma di interpretazione autentica la legge di Bilancio 2021 porta chiarezza su come applicare l’Iva sulle cessioni di pasti, che in questa epoca di Covid, caratterizza l’attività anche dei ristoranti, impossibilitati alla somministrazione diretta, ma obbligati a svolgere la loro attività con l’asporto o la consegna a domicilio.

A dire il vero la questione è stata oggetto, negli ultimi mesi, di due precedenti interventi, uno a seguito di un'interpellanza parlamentare (risposta 5- 05007/2020) e, l'altra, a seguito di un interpello proposto all'agenzia delle Entrate (risposta 581/E/2020).

In queste due risposte erano stati esaminate due situazioni molto simili a quelle prese in considerazione dalla norma di interpretazione autentica, anche se in questi documenti più che dell'aliquota Iva si discuteva della natura dell'operazione posta in essere dagli esercenti.

Come si ricorda, infatti, l'attività di somministrazione realizzata dai ristoranti nei propri locali e con l'intervento di apposito servizio ai tavoli è qualificabile quale prestazione di servizio ed è tassata al 10% in base al numero 121 della tabella A, parte III del Dpr 633/1972.

Al contrario, come ha avuto modo di chiarire l'agenzia delle Entrate (risposta 581/2020), richiamando la Corte di Giustizia (cause riunite C 497/09, C-499/09, C501/09 e C502/09 del 10 marzo 2011), l'attività che fa lo stesso ristoratore nel momento in cui consegna direttamente ai clienti i pasti cotti ovvero le bevande ovvero li recapita a domicilio tramite un proprio servizio di mero trasporto, l'operazione è da qualificarsi quale cessione di beni e, in quanto tale, la stessa dovrà seguire necessariamente l'aliquota Iva propria dei beni ceduti.

Nello specifico, nel caso esaminato dalla Entrate, attraverso l'utilizzo di un'apposita app i clienti possono procedere all'acquisto di prodotti alimentari/bevande venduti singolarmente o di prodotti alimentari/bevande confezionati in assortimento per il consumo al minuto. L'app consente al cliente di personalizzare la preparazione del prodotto e di scegliere la modalità di ritiro dei prodotti selezionati (consegna alla cassa del ristorante oppure servizio al tavolo del ristorante). Gli addetti del ristorante procedono alla preparazione dei prodotti alimentari e delle bevande, secondo le istruzioni e le personalizzazioni richieste dal consumatore, al suo arrivo presso il ristorante. 

Ebbene, secondo la soluzione dall'istante, la personalizzazione degli alimenti prescelti, richiedendo "lo scrupoloso intervento umano", sarebbe tale da qualificare l'operazione quale servizio di somministrazione piuttosto che cessione.

Dal canto suo, l'agenzia delle Entrate, come evidenziato sopra chiarisce che, al fine di qualificare un'operazione come un servizio di ristorazione, deve essere preponderante la componente relativa ai servizi di supporto che consentono al consumatore finale il consumo immediato. Neppure la predisposizione di semplici banchi per il consumo sarebbe idonea a qualificare l'operazione come somministrazione.

In questo stesso contesto la citata interpellanza parlamentare, tenendo conto della situazione creata da Covid-19, per il quale i ristoranti sono obbligati dalle 18.00 in poi a effettuare la consegna dei pasti ai clienti senza poterli servire nei propri locali, sosteneva la possibilità di applicare l'aliquota Iva ridotta del 10% in forza del punto 12 bis (somministrazione di alimenti e bevande) ovvero del punto 1 (cessione di preparati alimentari) dell'allegato III della direttiva Iva (2006/112/Ce).

 A seguito di queste due posizioni, a dire il vero non proprio coordinate, interviene ora la legge di Bilancio 2021 che in modo salomonico risolve ogni potenziale conflitto tra le precedenti pronunce. Infatti, da una parte, ribadisce che l'attività di asporto non modifica la natura di cessione della consegna dei pasti senza servizio al cliente, dall'altra, specifica che l'aliquota del 10% prevista dal numero 80 della tabella A, parte III, del Dpr 633/1972 si applica anche alle cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell'asporto.

Sotto questo punto di vista sono sicuramente somministrazioni di alimenti e bevande le attività che svolge il ristoratore quando somministra pasti e bevande con un servizio completo al tavolo, in tutti gli altri casi si tratterà di cessione di beni. I commercianti quindi dovranno applicare l'aliquota a seconda dei beni che cedono, che in caso di piatti pronti e pasti preparati in vista del loro consumo immediato sarà quella agevolata del 10% in base alla citata voce 80 della tariffa Iva.

Al contrario, per gli altri beni o bevande non potranno applicare l'aliquota agevolata per la somministrazione di cibi e bevande e saranno costretti ad applicare l'aliquota propria del bene o della bevanda ceduta.

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