Imposte

Compendio aziendale trasferito all’estero: plusvalenza senza Pex

Il principio di diritto 10: necessario applicare la tassazione ordinaria

di Alessandro Germani

In caso di trasferimento all’estero di un compendio aziendale nel quale è ricompresa una partecipazione, ai fini dell’applicazione dell’exit tax non si applica la Pex sulla relativa plusvalenza ma si tassa ordinariamente l’intero compendio. È questa la sintesi del principio di diritto 10/2021 dell’11 maggio.

La genesi è costituita dalla circolare 6/E/06, per cui non si assoggetta a Pex (articolo 87) la plusvalenza della partecipazione facente parte dell’azienda, ma si tassa quest’ultima in base all’articolo 86 del Tuir. Peraltro la conclusione si fonda sugli aspetti civilistici di unitarietà dell’azienda ex articolo 2555 del Codice civile.

Ciò vale non solo nel caso di cessione dell’azienda, ma anche nelle fattispecie dell’articolo 166 del Tuir sull’imposizione in uscita che a seguito della direttiva Atad comporta che il trasferimento sia tassato come differenza fra il valore di mercato e il costo fiscale, se gli elementi non sono confluiti in una stabile organizzazione (permanendo di fatto in Italia). Il principio peraltro era lo stesso nella versione previgente dell’exit tax in base al Dm 2 luglio 2014.

Semaforo verde alla disapplicazione della ritenuta sui dividendi distribuiti da società italiane e percepiti da un fondo dei Paesi Bassi. È la sintesi della risposta a interpello 327 sempre dell’11 maggio che tiene conto delle modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2021. L’articolo 27, comma 3, del Dpr 600/73 prevede una ritenuta a titolo di imposta del 26% sugli utili corrisposti da società residenti a soggetti non residenti, salva la più favorevole aliquota convenzionale.

A seguito delle recenti modifiche di fine anno, per gli utili percepiti dal 1° gennaio 2021 la ritenuta si disapplica sugli utili corrisposti a Oicr conformi alla direttiva 2009/65/Ce e a quelli non conformi il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/Ue, istituiti negli Stati membri Ue e aderenti al See che consentono un adeguato scambio di informazioni. Ciò è stato fatto al fine di equiparare gli Oicr esteri a quelli nazionali, che già beneficiano della disapplicazione, evitando una probabile procedura di infrazione all’Italia.

Possono beneficiare della disapplicazione gli Oicr conformi alla direttiva Ucits e quelli non conformi, ma il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva Aifm. In entrambe le fattispecie, deve trattarsi di Oicr istituiti negli Stati Ue e negli Stati See che consentono un adeguato scambio di informazioni. Sono quindi sufficienti questi requisiti regolamentari, a nulla rilevando né la forma giuridica dell’Oicr né il suo status fiscale nel paese di istituzione.

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