Controlli e liti

Compensazioni Iva, la Cassazione: sanzione fissa per l’omesso visto di conformità

L’ordinanza 5289/2020 della Suprema corte afferma che si tratta di una violazione formale

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di Alessandro Borgoglio

La mancata apposizione del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione dei crediti Iva superiori a 5mila euro comporta l'irrogazione della sanzione fissa di 250 euro, trattandosi di una violazione formale, e non della sanzione del 30% prevista per l’omesso versamento. Lo ha stabilito la Cassazione, con l’ordinanza 5289/2020, che rappresenta la prima decisione di legittimità in materia, ponendosi, peraltro, in contrasto con la prassi delle Entrate.

L’articolo 10, comma 1, lettera a, numero 7), del Dl 78/2009 impone l’obbligatorietà del visto di conformità per l’utilizzo dell'istituto della compensazione in relazione al credito Iva annuale o infrannuale per importi superiori a 5mila euro annui; nei casi di utilizzo in compensazione in violazione dell’obbligo di apposizione del visto di conformità, la norma si limita a stabilire che l’ufficio procede al recupero dell’ammontare dei crediti utilizzati e dei relativi interessi, nonché all'irrogazione delle sanzioni, non specificando quali.

Le Entrate hanno sempre affermato che, in caso di violazione delle disposizioni sull’obbligo di apposizione del visto di conformità, si recupera il credito superiore a 5.000 euro utilizzato in compensazione e si applica l’articolo 13, comma 4, del Dlgs 471/1997, a mente del quale, nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si irroga, salva l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al 30% del credito utilizzato (da ultimo si veda risoluzione 99/E del 2019, pagina 5).

In effetti, anche nel caso della pronuncia odierna, una Spa aveva utilizzato in compensazione un credito Iva, in violazione dell’obbligo di apposizione del visto di conformità, totalmente omesso, e quindi l’ufficio aveva notificato l’atto di recupero Iva, irrogando la sanzione del 30 per cento.

Secondo il Fisco, infatti, l’operata compensazione del credito Iva senza apposizione del visto di conformità è da equiparare a un omesso versamento, per cui si applica la sanzione del 30%, mentre, per la società, la mancanza del visto era soltanto una violazione formale sanzionabile in misura fissa ai sensi dell’articolo 8 del Dlgs 471/1997, che al suo primo comma attualmente prevede una sanzione fissa da 250 a 2mila euro per le violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni.

La Cassazione ha dato ragione alla società, stabilendo che la funzione del visto di conformità richiesto per poter operare la compensazione dei crediti di imposta è quella di assicurare un controllo anticipato della esistenza e spettanza del credito compensabile, mediante l’attribuzione della relativa verifica a un professionista abilitato.

L’inosservanza di tale adempimento è quindi inidonea a pregiudicare l’esercizio delle attività di controllo e di verifica della sussistenza del credito da parte dell’ente accertatore. Essa è altresì inidonea ad incidere negativamente in danno del fisco sia sulla base imponibile dell’imposta, sia sul versamento del tributo, in quanto, una volta accertata sul piano sostanziale l’esistenza del credito Iva e il conseguente diritto del contribuente di portarlo in compensazione, la mancata apposizione del visto si risolve in una infrazione puramente formale che non determina il venir meno di tale diritto. Contrariamente a quanto assunto dalla difesa erariale, quindi, la compensazione dei crediti in violazione dell’obbligo dell'apposizione del visto non configura una violazione di omesso versamento. Pertanto, è corretta la decisione dei giudici di merito di applicare la sanzione fissa.

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