Il CommentoImposte

Compravendita prima casa, troppe disuguaglianze nel prezzo valore

di Andrea Di Gialluca e Giuseppe Napoli

Le agevolazioni fiscali previste dal decreto Sostegni-bis (decreto legge 73/2021) per i giovani che acquistano la «prima casa», sono la giusta occasione per riflettere sulla differenza tra i costi fiscali gravanti sugli acquisti di immobili da privati rispetto agli acquisti da imprese di costruzione.

Nelle compravendite di abitazioni tra privati, infatti, a richiesta della parte acquirente in sede di rogito, è applicabile il cosiddetto meccanismo del «prezzo-valore», con l’indubbio vantaggio consistente nell’applicazione dell’imposta di registro sulla base della rendita catastale rivalutata in luogo del prezzo dichiarato nell’atto.

Solo a tale tipologia di acquisto, è riconosciuta altresì la riduzione del 30% dell’onorario notarile.

Il medesimo meccanismo è pure applicabile alle vendite di abitazioni a privati dalle imprese costruttrici purché siano decorsi cinque anni dalla fine dei lavori, configurando tale fattispecie un’operazione esente da Iva, fatta salva tuttavia l’opzione per l’imponibilità della cessione, giacché, in tale ultimo caso, il procedimento del «prezzo valore» non può trovare applicazione e l’aliquota Iva è calcolata sul corrispettivo dovuto.

Parimenti, si è in presenza di una cessione imponibile, con esclusione quindi dell’agevolazione in parola, quando i privati acquistano abitazioni dalle imprese di costruzione entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori.

A tale riguardo, si può agevolmente dimostrare come i costi complessivi (fiscali e notarili) necessari per acquistare due abitazioni identiche, munite dei requisiti «prima casa», nella specie l’una venduta da un privato e assoggettata all’imposta di registro e l’altra, venduta da un’impresa costruttrice entro cinque anni dalla fine dei lavori e assoggettata a Iva, siano profondamente diversi.

Si ipotizzi il prezzo dell’immobile di 400.000 euro, il suo valore catastale rivalutato di 100.000 euro e oneri notarili pari a 3.000 euro.

Nella prima ipotesi («vendita da privato a privato»), avremo un’imposta di registro di 2.000 euro (2 per cento di 100.000 euro), cui andranno aggiunte imposte ipo-catastali in misura fissa per 100 euro e oneri notarili per 2.100 euro, per un costo complessivo di 4.200 euro.

Nella seconda ipotesi («vendita da impresa costruttrice a privato entro cinque anni dalla fine dei lavori»), si avrà un’Iva di 16.000 euro (4 per cento di 400.000 euro), cui andranno aggiunte le imposte di registro e ipo-catastali in misura fissa per 600 euro e oneri notarili ordinari per 3.000 euro, per un costo complessivo di 19.600 euro.

Probabilmente tale risultato (maggior costo di 15.400 euro) avrà l’effetto di provocare indesiderate distorsioni nel mercato immobiliare, alterandone la concorrenza.

Nella prima e più favorevole ipotesi, i privati venditori potrebbero “appropriarsi” di una parte del risparmio dell’acquirente, aumentando il prezzo di vendita; nella seconda e più onerosa ipotesi, le imprese costruttrici, nel momento in cui vendono entro cinque anni a fine dei lavori, costrette a ridurre il prezzo, si espongono al rischio di “incappare” in accertamenti di valore, a causa del disallineamento del corrispettivo rispetto a un valore normale di difficile determinazione.

È poi necessaria un’altra riflessione, poiché tale forma di prelievo sembra pesare maggiormente sulle tasche dei giovani e dei meno abbienti, atteso che nella generalità dei casi sono proprio costoro gli acquirenti di nuove abitazioni realizzate dalle imprese nelle zone periferiche delle città e pertanto, meno costose di quelle situate nelle zone centrali e di proprietà prevalentemente di privati.

Difatti, un immobile nuovo venduto da un’impresa al prezzo di 200.000 euro, comporta costi complessivi di trasferimento pari a 11.600 euro, maggiori di ben 7.400 euro di quelli concernenti un immobile venduto da un privato al prezzo di 400.000 euro.

Nella sostanza, viene a manifestarsi un fenomeno inverso rispetto al concorso alla contribuzione, laddove a fronte di una capacità economica doppia, corrispondono costi pari a circa un terzo.

Queste conclusioni sono in parte mitigate dal citato decreto Sostegni-bis, ove è prevista in via temporanea fino al 30 giugno 2022, un’agevolazione in favore degli “under 36”, acquirenti di una “prima casa” e con Isee fino a 40.000 euro annui, fondata sull’esenzione dal pagamento dell’imposte di registro, ipotecaria e catastale o, qualora l’acquisto sia soggetto a Iva, sul riconoscimento di un credito d’imposta di ammontare pari al tributo versato.

Terminato il periodo di durata dell’agevolazione, però, potrà essere opportuno tornare a ragionare sulla funzione del “prezzo-valore”: se pensato come strumento di contrasto all’evasione fiscale (come l’abrogato meccanismo previsto dall’articolo 15 del decreto legge 41/1995), dovrebbe in ogni modo essere applicato all’insegna del rispetto costante del principio dell’equità, poiché in caso di disparità di trattamento, il conseguente prelievo sarebbe non sopportabile.