Con la cessione di credito migliora l’indebitamento
Le imprese spesso hanno bisogno di fondi a breve per finanziare il proprio capitale circolante. Per rispondere a questa necessità stanno nascendo forme alternative quali l’invoice trading, e piattaforme ad hoc per incrociare domanda e offerta. Si tratta in sostanza di cessioni di credito commerciale, spesso nella forma del factoring (sia pro soluto sia pro solvendo) con modalità fortemente digitalizzate. È utile perciò soffermarsi sulle specificità di queste forme di factoring sia dal punto di vista di bilancio sia sotto il profilo fiscale.
A livello di indici di bilancio operazioni di questo tipo si fanno preferire rispetto al classico anticipo bancario. In quel caso, infatti, il credito commerciale resta invariato, a fronte di un incremento della liquidità e un pari incremento del debito bancario. Di contro, nel caso di un’operazione di factoring pro soluto il credito viene ad essere smobilizzato a fronte di un introito di liquidità che di fatto contribuisce a migliorare anche la posizione finanziaria netta (Pfn). Pertanto l’operazione determina la riduzione del credito commerciale, l’incremento delle disponibilità liquide e il miglioramento della Pfn, contribuendo a migliorare il bilancio. Dal punto di vista fiscale queste operazioni vanno analizzate sotto il profilo delle imposte dirette e indirette.
Circa il primo aspetto l’impresa si trova a corrispondere, per lo smobilizzo, interessi passivi e commissioni che sono contabilizzati in area finanziaria e che soggiacciono agli ordinari limiti dell’articolo 96 del Tuir, nel senso che occorre fare attenzione solo all’eccessivo livello di indebitamento complessivo (oltre il 30% del Rol) il che comporta una temporanea indeducibilità, recuperabile tuttavia a fronte di miglioramenti futuri. Ciò in quanto sconti e commissioni su finanziamenti sono elementi di natura finanziaria, come tali deducibili in base all’articolo 96 ,Tuir (circolare 19/E/09).
La tematica delle imposte indirette riguarda invece l’assoggettamento a Iva o a imposta di registro delle operazioni in questione.
Le cessioni pro soluto di crediti, cambiali o assegni sono prestazioni di servizi imponibili Iva secondo l’articolo 3, comma 1, n. 3, Dpr 633/72. Tuttavia, tale norma va messa in relazione con l’articolo 10, n. 1 per cui le operazioni di finanziamento realizzate anche mediante cessione di crediti pro soluto o pro solvendo, risultano esenti ai fini Iva. Differenti invece sono i casi di: operazioni di recupero crediti che sono escluse dal regime di esenzione essendo di fatto imponibili; cessioni di credito pro soluto non aventi causa di finanziamento ma effettuate in conto pagamento di preesistenti obbligazioni che sono escluse Iva ex articolo 2, comma 3, lettera a).
Questi principi sono stati chiariti dalle risoluzione 71/E/2000 e 139/E/2004, secondo cui bisogna distinguere il factoring finalizzato al finanziamento che dà luogo ad operazioni esenti (la presenza di clausole pro soluto o pro solvendo non incide sulla natura finanziaria dell’operazione) rispetto a quello volto alla riscossione che dà invece luogo ad operazioni imponibili. Il concetto è stato ribadito dalla risoluzione 278/E/2008 che ha poi specificato che le cessioni di denaro escluse da Iva sono assoggettate ad imposta di registro in misura proporzionale dello 0,50% (articolo 6, Tariffa, parte I, Dpr 131/86).
Per distinguere, quindi, le operazioni di finanziamento da quelle di recupero crediti va condotta un’analisi caso per caso (risoluzione 32/E/11):
•rispetto alle seconde, nelle prime si verifica la cessione della titolarità del credito;
•l’erogazione delle somme al momento della cessione è sintomatica di un factoring, mentre l’erogazione effettuata solo all’effettivo incasso denota un’attività di recupero crediti.
Nei casi in cui il factoring sia assoggettato ad Iva(in presenza di operazioni imponibili o esenti) per il principio di alternatività l’imposta di registro è fissa e pari a 200 euro.