Imposte

Con la nuova transazione fiscale più chance per risanare l’impresa

Possono essere «cancellati» Pvc, cartelle, atti di recupero di crediti compensati. La proposta può escludere controversie selezionate con un fondo rischi ad hoc

di Edoardo Belli Contarini

Per ridurre la debitoria fiscale dell’impresa va sfruttata la normativa in vigore dal 15 luglio per effetto del Dlgs 83/2022, recante modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (articolo 389 del Dlgs 14/2019). Sebbene taluni istituti – specialmente il cram down fiscale – siano già stati inseriti a sistema, la riforma incrementa e rafforza le chance di ridurre i debiti tributari dell’impresa in difficoltà finanziaria, ma che può essere rilanciata sul mercato, intervenendo sulle attività, passività o sul capitale, oppure effettuando operazioni straordinarie (articoli 2 e 120-bis).

In particolare, la transazione è esperibile in seno a tutte le tipologie di accordi di ristrutturazione anche quelli di nuovo conio (articoli 57, 60 e 61) ed è condizionata soltanto al requisito della convenienza per l’erario, da certificarsi nell’attestazione resa dal «professionista indipendente», raffrontando il pagamento parziale o dilazionato rispetto al ricavato in caso di liquidazione giudiziale, poi «oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale» in sede di omologa anche forzosa.

Nel dettaglio, la transazione può accedere non soltanto al concordato preventivo (articolo 88), ma anche a tutti gli strumenti di negoziazione (articoli 57, 60, 61, 63):

1 gli accordi di ristrutturazione con i creditori aderenti con quorum del 60%;

2 gli «accordi di ristrutturazione agevolati», cioè premiati con quorum di creditori aderenti ridotto alla metà, qualora non siano richieste né la moratoria né le nuove misure protettive temporanee;

3 i revisionati «accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa», con quorum rafforzato dei creditori aderenti al 75%.

Alla luce della distinta disciplina ad hoc, nel silentio legis nell’ambito di tali accordi viene meno il divieto di trattamento deteriore dei crediti fiscali, rilevando oggettivamente l’«incapienza» del patrimonio aziendale, su cui poi si calcola lo stralcio da proporre alle Entrate (articolo 63).

L’impresa può accedere agli «strumenti di regolazione della crisi» senza alcuna limitazione di carattere soggettivo, anzi possono aderire anche più imprese in stato di crisi appartenenti al medesimo gruppo (articoli 1 e 284); non solo, lato erario, il tax settlement agreement può coinvolgere tutti gli uffici finanziari, l’agenzia delle Dogane, l’agente della Riscossione e la Guardia di finanza.

In tale ampia prospettiva, possono essere annullati tutti gli atti erariali, emanati ed emanandi – pvc, inviti al contraddittorio, cartelle, atti di recupero dei crediti di imposta utilizzati indebitamente in compensazione – sia quelli divenuti definitivi, sia quelli per i quali pendono le relative controversie, incluse quelle in Cassazione.

La latitudine e l’elasticità degli accordi di ristrutturazione è tale da consentire all’impresa di selezionare, escludendole dalla proposta, talune controversie potenziali o già incardinate reputate fondate, purché ci sia un adeguato fondo rischi; tutto ciò, come accennato, anche «in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria», facendosi affidamento sul sindacato, comunque meno invasivo, del tribunale (articolo 63, comma 2-bis, del Dlgs 14/2019).

Infine, possono giocare un ruolo positivo anche i provvedimenti afferenti il rimborso e/o le agevolazioni, come ad esempio il patent box, i crediti di imposta R&S e simili, nel senso che – qualora spettanti – sono comunque monetizzabili per diminuire l’importo dovuto a titolo transattivo. In definitiva, la falcidia o anche la dilazione di pagamento impattano su tutti i tributi, le relative sanzioni, gli interessi, gli aggi e gli accessori della riscossione, compresi i tributi di pertinenza dell’Ue (Iva inclusa); in modo paradossale ed anacronistico, fa tuttora eccezione la finanza locale, però l’Irap è inclusa.

In sintesi, il restyling della transazione fiscale rappresenta un ottimo strumento per il risanamento dell’impresa, che viene sollevata dal carico fiscale, in ragione dei connotati positivi:

a) l’omnicomprensività sotto tuti i profili;

b) l’economicità e la gestione diretta dell’azienda, in assenza di organi concorsuali;

c) la pluralità degli annessi strumenti negoziali di regolazione della crisi;

d) la celerità, in quanto l’Agenzia dovrebbe aderire entro 90 giorni dalla proposta;

e) il cram down sul piano processuale, che accelera vieppiù i tempi;

f) le ricadute positive sul versante penale, per scongiurare i reati imputabili in caso di liquidazione giudiziale (articoli 322 e seguenti) nonché per beneficiare della riduzione alla metà delle pene e della disapplicazione di quelle accessorie previste per i reati tributari, se non addirittura per fruire della causa di non punibilità (articoli 13 e 13-bis del Dlgs 74/2000);

g) l’applicabilità delle norme del Tuir contemplate a beneficio sia del debitore proponente, sub specie di detassazione delle sopravvenienze attive da stralcio, sia di riflesso dei creditori parzialmente insoddisfatti, ammessi a dedurre le corrispondenti perdite, all’esito della omologazione (articoli 88 e 101 del Tuir).

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