I temi di NT+Modulo 24

Conferimenti al punto di svolta sulla trasferibilità dei crediti d’imposta

Anche nel caso di conferimento deve essere riconosciuta la trasferibilità dei crediti d’imposta di natura agevolativa

di Leo De Rosa e Alberto Russo

Attraverso il meccanismo del credito d’imposta il legislatore tributario ha introdotto una serie di misure di sostegno che prevedono la compensazione dei debiti tributari con quel credito. Nella vasta famiglia dei crediti d’imposta (nella quale sono ricompresi anche i crediti per scongiurare fenomeni di doppia imposizione e quelli scaturenti da versamenti d’imposta eccedenti rispetto al dovuto) intendiamo soffermarci su quelli che intendono “aiutare” determinate categorie di contribuenti in ragione dell’ubicazione geografica (si pensi agli investimenti nel Mezzogiorno d’Italia), del sostenimento di certe spese (si pensi agli investimenti in beni strumentali nuovi), ed in particolare sulla sorte - in termini di trasferibilità - che è stata loro riservata nel caso di realizzazione di operazioni straordinarie.

La trasferibilità dei crediti d’imposta nel caso di fusione, scissione e trasformazione

La circostanza che un determinato credito d’imposta maturi in capo ad un soggetto che abbia determinate caratteristiche e che l’utilizzo dello stesso venga “spostato” su un soggetto diverso ha da sempre costituito un “campanello d’allarme” per il legislatore, al momento dell’emanazione delle disposizioni agevolative, e per l’agenzia delle Entrate, al momento della verifica dei presupposti previsti per la fruizione di dette agevolazioni.

Più nel dettaglio, il legislatore ha reputato opportuno prevedere meccanismi di decadenza o rideterminazione dei crediti d’imposta (tra gli altri) per i casi in cui entro il periodo di “sorveglianza” della sussistenza dei requisiti post investimento si verifichi una dismissione dei beni mediante cessione a terzi, che comporti una destinazione a «finalità estranee all’esercizio dell’impresa» ovvero «a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione» (così articolo 1, comma 277, legge 296/2006, concernente il bonus Sud; articolo 8, comma 7, legge 388/2000 concernente i nuovi investimenti in aree svantaggiate), o ancora nel caso in cui i beni siano «ceduti a titolo oneroso» o destinati «a strutture produttive ubicate all’estero» (così articolo 1, comma 1060, legge 178/2020, concernente gli investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato).

La ratio di queste previsioni è agevolmente comprensibile e risiede nella volontà di scongiurare che si verifichi una separazione tra il bene agevolato e la struttura produttiva ovvero l’azienda cui tale bene è funzionalmente connesso, garantendo la durevolezza e la stabilità degli investimenti.

In questo solco normativo l’agenzia delle Entrate in numerose occasioni ha precisato che «il credito d’imposta… ha natura soggettiva: esso infatti matura esclusivamente in capo al soggetto che effettua l’investimento e la sua fruibilità non può essere ceduta a terzi per effetto di disposizioni realizzative» (risoluzione, 15 settembre 2003, n. 179/E in tema di donazione; nello stesso senso, risoluzione, 30 giugno 2003, n. 143/E e risoluzione, 6 febbraio 2006, n. 22/E in tema di scissione parziale).

In altre parole, l’agenzia delle Entrate, stante la natura soggettiva del credito, esclude la trasferibilità del credito in capo ad altro soggetto, ammettendo il trasferimento solo nei casi in cui si verifichi una «confusione di diritti e obblighi dei diversi soggetti giuridici interessati (ad esempio, in caso di operazioni di fusione, scissione e trasformazione di società)» (risoluzione 22/E/2006).

Pertanto, l’agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire che:

nel caso di fusione «i l credito d’imposta spettante alle società fuse o incorporate potrà essere fruito dalla società risultante dalla fusione o incorporante in quanto questa… subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate» (circolare 38/E/2002; nello stesso senso, risoluzione 144/E/2007);

nel caso di scissione sussiste «la possibilità… di continuare a fruire del credito d’imposta» a condizione che «in seguito all’operazione straordinaria viene mantenuta, per tutto il periodo di “sorveglianza”…, la destinazione del bene all’originaria struttura produttiva», con ciò intendendosi che «insieme al singolo bene sia trasferita anche l’azienda o il ramo d’azienda in cui lo stesso è inserito». Con la precisazione che il credito «non necessariamente è mantenuto in capo alla scissa» che ha maturato il relativo diritto, ma, rientrando esso «tra le posizioni soggettive connesse specificamente ad elementi del patrimonio scisso, il credito stesso compete alla società cui sia stato attribuito il ramo d’azienda nell’ambito del quale è stato realizzato l’investimento agevolato» (risoluzione, 30 giugno 2003, n. 143/E; risoluzione, 6 febbraio 2006, n. 22/E);

nel caso di trasformazione, la società frutto dell’operazione di riorganizzazione ha la possibilità di fruire «sia del credito d’imposta maturato per effetto degli investimenti già realizzati dalla Società sia il diritto alla fruizione del credito d’imposta relativo agli investimenti che il consorzio realizzerà a decorrere dall’avvenuta trasformazione» (risoluzione, 29 aprile 2009, n. 118/E).

Se per queste operazioni straordinarie, stante la “confusione di diritti e obblighi” dei soggetti giuridici coinvolti, l’agenzia delle Entrate ha considerato ammissibile la trasferibilità del credito d’imposta, la stessa sorte non è toccata ai crediti trasferiti a seguito di operazioni di conferimento d’azienda o di ramo d’azienda, come meglio illustrato nel prosieguo.

La trasferibilità dei crediti d’imposta nel caso di conferimento

È stato evidenziato che l’agenzia delle Entrate ha escluso la trasferibilità dei crediti d’imposta a soggetti terzi (esclusione alla quale sono seguite contestazioni mediante atto di recupero del credito) nell’ipotesi in cui vi siano «atti realizzativi», tra i quali sono (rectius, erano) annoverati, oltre alle cessioni, anche i conferimenti d’azienda.

Con specifico riferimento ai conferimenti, l’esclusione alla trasferibilità è stata con ogni probabilità giustificata dal regime che, fino al 2008, ha interessato queste operazioni straordinarie.

Invero, se prima del 2008, il conferimento rappresentava un’operazione «realizzativa», con la radicale modifica introdotta nell’articolo 176 del Dpr 917/1986 con la legge 244/2007 (Finanziaria per il 2008), la neutralità, da mera facoltà, è divenuta l’unica configurazione ammessa in ambito fiscale.

La ratio di siffatta modifica si rinviene, oltre che nell’opportunità di consentire la realizzazione dei conferimenti senza aggravi fiscali, anche e soprattutto nella espressa volontà del legislatore di allineare il trattamento del conferimento a quello delle altre operazioni di riorganizzazione, quali le fusioni e le scissioni.

Ebbene, l’inserimento del conferimento di azienda nel novero delle operazioni fiscalmente neutrali comporta che:

1. dal punto di vista fiscale, non assumono mai rilevanza le eventuali plusvalenze o minusvalenze evidenziate nella contabilità del conferente, pur essendo ai fini civilistici operazione realizzativa (ossia di atto di trasferimento dei beni conferiti);

2. il conferitario subentra in continuità nei valori fiscalmente riconosciuti degli asset che compongono il compendio aziendale conferito, a prescindere dai valori registrati nella propria contabilità.

Ma allora, se è vero, come è vero, che il legislatore ha riconosciuto l’identità funzionale tra le operazioni straordinarie di fusione, scissione e conferimento, reputando imprescindibile prevedere per esse una disciplina omogenea, questa circostanza ha un impatto anche sulla fruibilità dei crediti d’imposta.

In particolare, anche nel caso di conferimento deve essere pacificamente riconosciuta la trasferibilità dei crediti d’imposta di natura agevolativa, stante:

l’equiparazione dell’operazione di conferimento a quelle di fusione, scissione, trasformazione;

la previsione che l’operazione di conferimento non è oltremodo realizzativa, ma neutrale (proprio in funzione della finalità riorganizzativa perseguita), segnando una netta linea di demarcazione rispetto alle operazioni di cessione.

È evidente quindi che l’agenzia delle Entrate non può oltremodo essere legittimata a contestare la spettanza in capo alla conferitaria di un credito trasferito a seguito di conferimento d’azienda (o di ramo d’azienda).

La circostanza che la prassi degli anni 2002, 2003, 2006 abbia fatto riferimento esclusivo alla trasferibilità nei soli casi di operazioni straordinarie aventi carattere non realizzativo (fusione, scissione e trasformazione) deve considerarsi, a parere di chi scrive, esclusivamente dettata dal momento storico - ossia pre 2008 e quindi pre modifiche alla normativa sul conferimento - in cui esse sono state emanate. Non può quindi essere utilizzata dall’Agenzia come grimaldello per negare la trasferibilità del credito d’imposta in capo al conferitario.

E di questa circostanza pare che si sia (finalmente) avveduta la parte pubblica, anche se in maniera gradata. In particolare, in un primo momento si è avuta un’apertura con la risposta 25 maggio 2020, n. 143, avente ad oggetto il conferimento dell’unica azienda posseduta da un imprenditore individuale in una società di nuova costituzione. In questa pronuncia viene precisato che nel caso di conferimento l’«ipotesi di rideterminazione del credito non può trovare applicazione, perché i beni oggetto di agevolazione (inclusi i relativi crediti d'imposta) non sono singolarmente dismessi o ceduti a terzi, ma circolano insieme all’azienda che verrà condotta dalla conferitaria nell’ambito dell’esercizio di un’attività imprenditoriale. Inoltre, gli stessi beni non sono destinati a strutture produttive diverse da quelle che darebbero diritto all’agevolazione, dal momento che l’istante ha conferito l’intera azienda alla neocostituita società».

Si può ritenere che questa apertura sia stata “timida” nella misura in cui il riferimento all’«unica azienda» dell’imprenditore abbia portato l’Agenzia in sede di accertamento del credito a reputare che non fosse un criterio applicabile a tutti i conferimenti, ma - in maniera del tutto irragionevole - solo ove oggetto di conferimento fosse l’unica azienda dell’imprenditore.

Una presa di posizione più esplicita si è avuta solo con la circolare 9/E/2021 in tema di credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, ove l’agenzia delle Entrate è stata chiamata a pronunciarsi sul caso della trasferibilità del credito «in caso di conferimento d’azienda o di ramo d’azienda (ad esempio, da ditta individuale a società) oppure in caso di altra operazione straordinaria (ad esempio, trasformazione)». Ebbene, in questa occasione l’Agenzia, citando la circolare 10 aprile 2019, n. 8/E, che in tema di iper ammortamento e meccanismo di recapture aveva aperto al trasferimento del bene agevolato nel contesto del compendio aziendale di riferimento oggetto di operazione aziendale «indipendentemente dal fatto che questa sia neutrale o realizzativa», ha sdoganato il tema affermando a chiare lettere che «in presenza di operazioni straordinarie, caratterizzate dalla veicolazione dell’azienda o di un ramo d’azienda nel cui ambito è rinvenibile il bene agevolato da cui origina il credito d’imposta, l’avente causa continuerà a fruire del credito d’imposta maturato in capo al dante causa, secondo le regole originariamente determinate in capo a quest’ultimo, indipendentemente dal sopravvenuto cambiamento di proprietà del complesso aziendale».

Viene confermato quindi lo stretto legame sussistente tra investimento agevolato - azienda nella quale è stato effettuato - diritto di fruire del credito d’imposta maturato: legame che non può considerarsi reciso per il solo intervento di un’operazione straordinaria, quella di conferimento, che, al pari di quelle di fusione, scissione, trasformazione, è (e lo è sempre stata, anche prima delle modifiche del 2007) operazione di riorganizzazione nella quale non vi è in alcun modo una dismissione/destinazione dei beni a finalità extra imprenditoriali.

Il cambio di prospettiva

L’analisi fin qui condotta consente di salutare con favore la presa di posizione assunta dalle Entrate nel 2021, con l’auspicio che si ponga fine alla pratica di precludere il trasferimento dei crediti d’imposta di natura agevolativa nel caso di conferimento d’azienda.

Invero, come è stato evidenziato, è dall’ormai lontano 2008 che il conferimento non ha più carattere realizzativo, essendo stata del tutto equiparata alle operazioni di fusione, scissione e trasformazione. Ciononostante, l’Agenzia ha reputato di dover continuare a contestare la legittimità del trasferimento dei crediti nel caso di conferimento, sulla scia di un retaggio ormai superato, che, a ben vedere, avrebbe potuto essere abbandonato sfruttando quelle stesse pronunce di prassi, che (sin dal 2002) avevano escluso l’automatica decadenza dai benefici agevolativi nel caso in cui il trasferimento si fosse inserito in una più ampia «riorganizzazione aziendale».


Questo articolo fa parte del Modulo24 Operazioni Straordinarie del Gruppo 24 Ore.
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