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Contributi de minimis, rinuncia parziale per non sforare il tetto

Il principio, che consente di restare nei limiti, viene affermato dalla sentenza 2792 del Consiglio di Stato

di Guglielmo Saporito

Le imprese che chiedono contributi pubblici nel regime de minimis possono chiedere, prima della concessione del finanziamento, una riduzione del contributo stesso per restare nei limiti del tetto previsto dal regolamento Ue. Questo il principio applicato dal Consiglio di Stato nella sentenza 7 aprile 2021 n. 2792 (presidente Franco Frattini, estensore Raffaello Sestini) in una lite che contrapponeva l’Inail a un’impresa attiva nel settore del legno.

Il tetto

Gli aiuti alle imprese, se di piccola entità, possono essere concessi alle imprese senza violare le norme sulla concorrenza: attualmente il tetto è di 200.000 euro negli ultimi tre esercizi (regolamento UE 1407/2013).

Per restare al di sotto di tale importo, le imprese possono rettificare le richieste, attraverso una rinuncia parziale, purché ciò avvenga prima della concessione dell’aiuto.

Il ricorso

Nel caso specifico, il contributo richiesto eccedeva di circa 14.500 euro il tetto previsto dalla normativa comunitaria ed in conseguenza l’Inail, soggetto erogatore per un intervento in materia di sicurezza sul lavoro, aveva revocato l’intero contributo, di oltre 60.000 euro.

Di qui il ricorso al giudice amministrativo e la sentenza favorevole all’impresa perché la riduzione era stata richiesta prima del controllo sui presupposti per ottenere il contributo e della concessione dell’aiuto.

La riduzione

Quindi, l’impresa può chiedere, prima della verifica da parte dell’Amministrazione circa il superamento dell’importo de minimis, una riduzione del contributo, nella misura necessaria per rimanere all’interno del massimale complessivo ammissibile.

Lo Stato infatti deve attenersi al principio di cooperazione (articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea), assicurando il rispetto del massimale complessivo ma contemporaneamente ammettendo istanze di riduzione, anche se non espressamente contemplate dall’avviso pubblico che prevede il contributo.

Infatti l’articolo 97 della Costituzione impone all’amministrazione di perseguire nel modo più efficace e tempestivo possibile il completo utilizzo delle risorse finanziarie disponibili. Inoltre, va tutelato l’affidamento dell’impresa che avrebbe potuto usufruire di un contributo ridotto, presentando una variante al progetto originario, restando nei limiti dell’importo massimo legittimamente erogabile.

In altri termini, se il contributo originariamente chiesto dall’impresa può essere tecnicamente ridotto, anche se vi sia già stato l’inserimento nella lista dei potenziali beneficiari, non vi è il rischio di perdere l’intero importo, ma si può sfruttare integralmente il massimale riconosciuto, contraendo l’aiuto attraverso una diversa e parziale erogazione.

Il precedente dei giudici UE

Questo orientamento del Consiglio di Stato applica la sentenza della Corte di giustizia 28 ottobre 2020 individuando il momento fino al quale l’impresa può variare il contributo richiesto, al fine di restare nel tetto massimo: tale momento è individuato in quello di concessione dell’aiuto, successivo al mero inserimento nella lista dei potenziali beneficiari. L’impresa veneta, riducendo di 14.500 euro l’importo originariamente richiesto (di 60.000 euro) ha quindi visto riconosciuto il proprio diritto a fruire dell’intero tetto di aiuti.