Controlli e liti

Controlli e verifiche, valore probatorio del pvc sempre riferito agli eventi attestati

L’ordinanza 22894 della Cassazione ricorda che il giudice può disattendere il verbale in mancanza dell’indicazione dei dichiaranti solo per motivata inattendibilità o contrasto con altri elementi acquisiti

di Roberto Bianchi

Negli accertamenti tributari il pvc (processo verbale di constatazione) acquisisce un valore probatorio differente in funzione della natura dei fatti attestati. In tale contesto è, infatti, possibile individuare un triplice livello di attendibilità per il quale il verbale risulta essere assistito, in base all’articolo 2700 del Codice civile, da fede privilegiata.

Gli avvenimenti rappresentati da un pubblico ufficiale, infatti, risultano compiuti o avvenuti in sua presenza qualora li abbia potuti conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale nonché, quanto alla provenienza dei documenti prodotti allo stesso o alle dichiarazioni a lui rese e in merito alla veridicità sostanziale delle affermazioni rilasciate dalle parti o da terzi (anche in merito al contenuto dei documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi), gli stessi fanno fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice e alle parti l’eventuale controllo e la valutazione del contenuto delle dichiarazioni. In mancanza dell’indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, quest’ultimo costituisce, in ogni caso, elemento di prova che il giudice deve necessariamente valutare, congiuntamente agli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che tali documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore. A tale conclusione è giunta la Cassazione con l’ordinanza 22894/2020.

In merito al valore probatorio delle dichiarazioni rese da terzi, è pacificamente riconosciuto il loro rilievo indiziario e, pertanto, non sono inutilizzabili o inammissibili, ma concorrono, solidalmente con gli altri elementi, a formare il convincimento del giudice (Cassazione, ordinanza 13174/2019).

Nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale fa esplicito riferimento a quella da assumere con le garanzie del contraddittorio e non comporta, di conseguenza, l’impossibilità di utilizzare, nell’ambito decisorio, le dichiarazioni che le maestranze dell’agenzia delle Entrate sono autorizzate a richiedere anche ai privati nell’ambito amministrativo dell’accertamento le quali, in quanto acquisite in un contesto extraprocessuale, valgono quali elementi indiziari che possono contribuire a plasmare, congiuntamente agli altri elementi, il convincimento del giudice. Tali dichiarazioni, pertanto, acquisiscono il valore probatorio tipico degli elementi indiziari e, qualora dispongano dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, menzionati dall’articolo 2729 del Codice civile, danno luogo a delle presunzioni.

Dall’inammissibilità della prova testimoniale non discende, pertanto, l’inaccettabilità della prova per presunzioni e, di conseguenza, allo scopo di evitare che l’ammissibilità di tali dichiarazioni possa compromettere la difesa del contribuente e il postulato dell’uguaglianza tra le parti (articolo 111 della Costituzione), è imprescindibile riconoscere anche al contribuente la possibilità di introdurre nel giudizio di fronte alle Commissioni tributarie, le dichiarazioni rese da terzi nella fase extraprocessuale che devono assurgere al rango di indizi e che impongono di essere valutati congiuntamente a tutti gli altri elementi (Cassazione, ordinanza 13174/2019).

Frequentemente, nella prassi operativa, le dichiarazioni dei terzi che afferiscono al soggetto accertato vengano utilizzate dall’amministrazione finanziaria per supportare la pretesa impositiva e, tali asserzioni, costituiscono elementi indiziari potenzialmente idonei a supportare la contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti (Cassazione, ordinanza 33582/2019).

La Cassazione ha tuttavia affermato (ordinanza 15744/2020) che sia l’amministrazione finanziaria quanto il contribuente hanno la possibilità di proporre, nel corso del giudizio, delle dichiarazioni che il giudice tributario è tenuto a valutare in quanto elementi indiziari con il conseguente dovere, per il collegio giudicante, di esaminare tutte le dichiarazioni, conservando la facoltà di escluderne talune e privilegiarne altre, argomentando la propria scelta.


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