Controlli e liti

Costi indeducibili non generano utili «automatici»

Illegittima la pretesa di un maggiore imponibile distribuibile pro quota, secondo la Ctp Belluno 41/2/2020

di Stefano Sereni

I costi effettivamente sostenuti dalla società, anche se indeducibili, non generano somme che possono essere presuntivamente attribuite ai soci, quali utili occulti. È questo l’interessante principio contenuto nella sentenza n. 41/2/2020 della Ctp di Belluno (presidente Zatta e relatore Ciriotto), depositata lo scorso 21 dicembre.

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società con cui si contestavano maggiori ricavi e costi ritenuti indeducibili: l’atto veniva annullato dalla Ctp di Belluno solo parzialmente.

L’ufficio emetteva anche altro atto impositivo, nei confronti della medesima impresa, richiedendo maggiori ritenute relative ai due soci di minoranza (4% di quote), sulla base della presunzione di distribuzione di utili extrabilancio a seguito del maggior reddito accertato in capo alla società.

L’impresa impugnava anche tale avviso di accertamento, riproponendo innanzitutto le medesime difese avanzate contro l’atto presupposto; inoltre veniva eccepito che in ogni caso i costi indeducibili non potevano generare provvista finanziaria da distribuire, non producendo una maggiore disponibilità finanziaria: pertanto la presunzione utilizzata dall’ufficio non era corretta.

Inoltre veniva contestata la sussistenza della ristretta base azionaria idonea agli effetti presuntivi, dal momento che i quattro soci non avevano rapporti di parentela tra loro.

L’Agenzia ribadiva, invece, la sussistenza di maggior imponibile distribuibile pro quota ai soci.

I giudici preliminarmente hanno rilevato di aver in parte annullato l’atto impositivo “a monte” ritenendo totalmente infondata la pretesa di maggiori ricavi non dichiarati e solo parzialmente corretta quella sui costi indeducibili, ridotti a circa un quarto.

Nonostante sia stata riconosciuta la sussistenza di imposte dovute e dei presupposti per applicare, in astratto, la presunzione di distribuzione di utili per le società a ristretta base azionaria, il ricorso però è stato totalmente accolto.

Infatti i maggiori ricavi, nel caso specifico, non derivavano da somme in nero incassate dalla società, ma da costi fiscalmente indeducibili, i quali rappresentano comunque un esborso da parte dell’impresa. Pertanto, essendo provata la spesa effettiva, non poteva esserci stata una distribuzione delle somme in questione in favore dei soci, perché già destinate ai fornitori dei servizi eseguiti in favore della ricorrente.

La presunzione applicata dall’ufficio poteva, in sintesi, ritenersi corretta solo in presenza di costi inesistenti.

Si trattava, poi, di spese sostenute per consulenze fornite da un socio di maggioranza nella sua qualità di professionista e per alcuni incarichi affidati a uno dei soci di minoranza.

A maggior ragione, secondo la Ctp, non è possibile sostenere l’esistenza della presunzione rispetto a costi non correttamente documentati, dovendosi infatti ipotizzare la distribuzione delle medesime somme pro quota a tutti i soci (compresi i due prestatori dei servizi fatturati), con un evidente contrasto di interessi tra loro, per la differente partecipazione sociale.

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