Costi indeducibili se la fattura non è conforme
Il documento deve riportare la quantità, qualità e natura dei beni e servizi e la data della cessione
Nell’ambito delle imposte sui redditi, l’irregolarità della fattura predisposta in modo non conforme ai requisiti di forma e contenuto disposti dall’articolo 21 del Dpr 633/1972, fa venir meno la presunzione di veridicità di quanto rappresentato nella stessa, rendendola non idonea a costituire titolo per il contribuente ai fini del diritto alla deduzione del costo relativo. L’Amministrazione finanziaria, pertanto, ha la facoltà di contestare l’effettività delle operazioni sottese e di reputare indeducibili i costi indicati nella stessa.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione con l’ordinanza 37209/2021.
L’articolo 21 del Dpr 633/1972 sancisce che la fattura deve riportare l’indicazione della quantità, qualità e natura dei beni e dei servizi oggetto di scambio mentre il n. 7) dell’articolo 226 della Direttiva CEE 28/11/2006, n. 2006/112/CE in ambito Iva, statuisce che la fattura deve contenere anche la data nella quale viene perfezionata la cessione di beni o la prestazione di servizi oppure il giorno nel quale viene versato l’acconto, a condizione che tale data non coincida con quella di emissione del documento fiscale per la cessione del bene o per la prestazione di servizi.
La Suprema Corte ritiene che la fattura rappresenti un elemento probatorio a favore dell’impresa, nell’ambito dell’imposizione diretta e indiretta, a condizione che venga compilata nel pieno rispetto dei requisiti di forma e di contenuto disposti dalla disciplina e, di conseguenza, la stessa deve riportare anche l’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi interessati dalla fatturazione (Cassazione, sentenza 29290/2018).
Differentemente, la fattura che evidenzi un contenuto generico e temporalmente non definito rispetto a delle prestazioni indistinte, si rivela irregolare in quanto non permette di individuare ciò che è oggetto di fatturazione (comma 2, lettera g) e non risponde alle finalità di chiarezza e comprensibilità di cui all’articolo 21 del Dpr 633/1972, funzionali all’attività di verifica dell’agenzia delle Entrate.
Di conseguenza è proprio l’idoneità della fattura a rappresentare la presunzione di veridicità di quanto indicato nel documento fiscale e a giustificare il diritto del contribuente alla deduzione dei componenti negativi di reddito in essa rappresentati e alla detrazione dell’Iva (Cassazione, ordinanza 9912/2020).
La descrizione generica della natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti l’oggetto dell’operazione, trasferisce in capo al contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza e l’inerenza del costo anche mediante ulteriori allegazioni documentali (Cass. ord. n. 14858/2018) occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre all’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (Cassazione, sentenza 21184/2014), non essendo sufficiente che la spesa risulti regolarmente contabilizzata dall’imprenditore (Cassazione, ordinanza 2548/2018).
I Giudici di legittimità, in precedenza, hanno ritenuto sufficiente, ai fini della deducibilità dei componenti negativi di reddito, l’allegazione dei contratti afferenti le prestazioni di servizi fatturate in modo approssimativo, dai quali risultava tuttavia possibile evincere l’oggetto dei servizi svolti, la loro durata, il luogo di esecuzione, le maestranze utilizzate e le ore dedicate (Cass. sent. n. 1468/2020). La Corte suprema ha inoltre ritenuto idonee, ai fini della deducibilità dei costi, la produzione - quale documentazione integrativa - delle schede riepilogative delle ore lavoro impiegate dal personale presso la contribuente per l’assolvimento delle attività (prestazione di servizi) indicate nel documento fiscale, contestato dall’Amministrazione finanziaria in ragione della genericità e laconicità della descrizione della prestazione nella fattura e nel contratto regolante il rapporto fra le due società e della conseguente impossibilità per l’Ufficio di verificare analiticamente e adeguatamente l’inerenza di tale spesa (Cass. ord. n. 14858/2018).