Costi di start-up a recupero fisso
La Ctr Puglia, con la sentenza 2172/23/2017 (presidente L’Abbate, relatore Gabrieli), si è pronunciata in merito alla deducibilità di una serie di costi sostenuti per avviare un’attività di gestione di piscine. Si trattava, in particolare, di costi per il completamento di strutture di terzi, concesse al contribuente in comodato gratuito.
Gli accertatori sostenevano la deducibilità in 29 anni, mentre il contribuente riteneva di poter ammortizzare al 50% (e quindi dedurre in due anni) le spese di start-up. Secondo i giudici, invece, gli importi devono essere classificati tra i «costi di impianto e ampliamento» da indicare tra le immobilizzazioni e, ai fini fiscali, devono essere dedotti «in un periodo ragionevolmente breve (3/5 anni)». Nel caso, poi, la Commissione ritiene «che il periodo corretto sia quello di cinque anni».
A livello generale, il riferimento è l’articolo 108, comma 3, del Tuir, secondo cui «le altre spese relative a più esercizi, diverse da quelle considerate nei commi 1 e 2 sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio». Inoltre, sul fronte civilistico, l’articolo 2426 del Codice civile, nel testo allora vigente, dispone che «i costi di impianto e di ampliamento (…) possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni».
Sul punto è eloquente quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza 377/2006. La Corte, prevedendo che le spese in questione possano estinguersi mediante ammortamento annuale «entro un periodo non superiore a cinque anni», individua evidentemente il quinquennio come periodo massimo di ammortamento, senza prevedere alcun periodo minimo. In definitiva - si legge nella sentenza – la norma «non comporta affatto la conseguenza (…) della deducibilità in cinque quote annue di uguale ammontare del costo pluriennale riferibile ad una delibera di aumento del capitale».
In altri termini, il Tuir non fissa alcun limite obbligatorio di cinque periodi d’imposta per la deduzione di costi d’impianto e ampliamento, che possono essere dedotti a discrezione del contribuente stesso, essendo quello dei cinque anni soltanto un limite massimo fissato dalla normativa civilistica.
Peraltro, anche nella prassi è stato affermato che la norma in parola «non stabilisce uno specifico criterio di deducibilità delle altre spese relative a più esercizi (…), disponendone la deducibilità nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio» (circolare 73 del 27 maggio 1994, par. 3.36) ed è stata ammessa la piena deducibilità in un unico periodo d'imposta (circolare ministeriale 108/1996, par. 6.4.1 e risoluzione 240/E/2002).
Nel caso esaminato dai giudici pugliesi, tuttavia, né l’Agenzia né il contribuente hanno diviso con precisione le varie categorie di investimenti in ragione della loro vita economica. A questo punto i giudici hanno ritenuto di dover stabilire il trattamento degli oneri «sostenuti dall’azienda nella fase pre-operativa o quella di accrescimento della capacità operativa esistente». Così la Ctr Puglia ha prima precisato che tali spese vanno ritenute «costi d’impianto di ampliamento» e possono includere anche «tutti i costi relativi a un processo di riconversione industriale, capitalizzati fino al momento dell'avvio dell'attività». Quindi ha concluso che la scelta più oculata «è quella di consentire l’ammortamento in 5 anni, considerando tutte le opere come rientranti tra le spese d’impianto e d’ampliamento sostenute dal contribuente per avviare l’attività».
Ctr Puglia, sentenza 2172/23/2017