Finanza

Crediti d’imposta 4.0, sul filo del rasoio il cumulo con i piani di sviluppo rurale

Un parere dei servizi interni alla Commissione Ue mette in dubbio l’uso congiunto. Perplessità dal Mise: già avviato un dialogo per una lettura differente

di Roberto Lenzi

I crediti d’imposta del piano Transizione 4.0, concepiti dagli Stati membri come aiuti di carattere generale, forniscono comunque un sostegno pubblico, quindi andrebbero conteggiati per definire le aliquote massime spettanti alle singole imprese in caso di cumulo con gli aiuti del piano di Sviluppo rurale.

Un parere dei servizi interni della Commissione europea, direzione generale dell’agricoltura e sviluppo rurale sembrerebbe assoggettare ai regolamenti degli aiuti per lo sviluppo rurale qualsiasi altro incentivo che le imprese volessero cumulare, ivi compresi quelli previsti da Transizione 4.0.

La distinzione, rispetto agli altri contributi concessi come aiuto di Stato, sarebbe riconducibile al fatto che il regolamento sugli aiuti allo sviluppo rurale porrebbe come limite predefinito le aliquote di sostegno massime di contributo pubblico o spesa pubblica. Alcune regioni sembrano abbracciare il parere come fosse una norma ma anche lo stesso estensore fa presente che è un parere dei servizi e non impegna la Commissione europea.

Il Mise rassicura sulla bontà della possibilità di cumulo e ha già presentato pareri a sostegno di questa interpretazione alla Commissione Ue.

La richiesta

La Regione Sicilia ha chiesto alla Commissione europea di fornire un’interpretazione sulla possibilità di cumulo tra il credito d’imposta per investimenti del piano Transizione 4.0 e gli aiuti concessi a livello regionale tramite i piani di Sviluppo rurale. La richiesta, presentata nel luglio 2020, intendeva giungere alla conferma circa la compatibilità tra gli incentivi previsti dal Psr e le agevolazioni previste dalla legge nazionale italiana allora operativa per Transizione 4.0, in particolare la n. 160 del 27 dicembre 2019 (modificata solo nelle percentuali dalla n. 178/2020).

Questa aveva introdotto, all’articolo 1, un credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi (commi da 185 a 197) e un credito di imposta per stimolare la spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica per sostenere la competitività delle imprese e per favorirne i processi di transizione digitale (commi da 198 a 209).

La risposta

Il direttore aggiunto della Commissione europea - Direzione generale dell’agricoltura e sviluppo rurale - specifica che è consapevole che, a parere dello Stato italiano, la norma prevede che «il credito di imposta sia cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto».

Premette che ha chiaro come la Regione Sicilia consideri che il suddetto incentivo fiscale sia una misura di carattere generale, che non si configura quindi come aiuto di Stato. Prende atto della richiesta volta a sapere se sia possibile cumulare lo stesso incentivo con il sostegno previsto dalle misure del Psr Sicilia, superando in questo caso le aliquote massime previste dall’allegato II del regolamento (Ue) n. 1305/2013.

Parere negativo

Il parere è negativo e viene motivato come segue: «Va ricordato che ai fini dell’attuazione dei programmi di sviluppo rurale (Psr), l’allegato II del regolamento (Ue) n. 1305/2013 introduce aliquote di sostegno massime» che a opinione del direttore «non possono in alcun caso essere superate».

Il parere prosegue specificando che «per tasso di sostegno si intende l’aliquota del contributo pubblico a un’operazione [articolo 2, lettera d), del regolamento (Ue) n. 1305/2013], mentre per spesa pubblica si intende qualsiasi contributo pubblico al finanziamento di operazioni provenienti dal bilancio di autorità pubbliche nazionali, regionali o locali, dal bilancio dell’Unione relativo ai fondi Sie, dal bilancio di organismi di diritto pubblico o dal bilancio di associazioni di autorità pubbliche o di organismi di diritto pubblico [articolo 2, paragrafo 15, del regolamento (Ue) n. 1303/2013]».

Il direttore aggiunge che tale contributo pubblico comprende anche esenzioni dall’onere fiscale altrimenti applicabile, in quanto riducono il costo globale a carico del beneficiario per l’attuazione dell’attività in questione. Dà atto che «nel contesto degli aiuti di Stato, i crediti d’imposta sono concepiti dalle autorità nazionali come non aiuti (ossia coprono tutti i settori, tutte le imprese e l’intero territorio, senza soglia o massimale di investimento)», ma nonostante questo ritiene che «resta inteso che essi forniscono sostegno pubblico ai beneficiari esentandoli specificamente da una parte del normale onere fiscale».

Arriva quindi a concludere che «sulla base delle informazioni disponibili e dei fatti descritti nella sua richiesta, a seguito della nostra analisi, si ritiene che il sostegno del Psr, per le stesse spese ammissibili, possa essere concesso in combinazione con i crediti d’imposta, ma il sostegno cumulato deve rimanere entro i limiti fissati dall’allegato II del regolamento (Ue) n. 1305/2013».

Nella parte finale, il parere rilascia una doverosa precisazione sul fatto che quanto espresso al suo interno non impegna la Commissione europea. Conclude precisando che «il presente parere esprime l’opinione dei servizi della Commissione e non impegna la Commissione europea». Individua anche il luogo in cui dirimere la questione: «In caso di controversie riguardanti il diritto dell’Unione, a norma del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, spetta alla Corte di giustizia dell’Unione europea fornire un’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione applicabile».

La posizione del Mise

Il Mise ha già fatto presente di essere a conoscenza del parere dei servizi della commissione ma di non essere d’accordo con la sua impostazione. Il Mise ha, quindi, già intrapreso dialoghi costanti con la Commissione, portando una interpretazione che conferma la bontà di quanto fatto in Italia.

Articolo tratto dal Sole 24 Ore del 18 febbraio

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