Imposte

Tax credit affitti con incertezza per l’agricoltura

La conversione del dl Rilancio lascia in piedi questioni irrisolte sui canoni di locazione

di Gian Paolo Tosoni

L’articolo 28 del decreto Rilancio (Dl 34/2020) sul credito di imposta per i canoni di locazione degli immobili non ad uso abitativo è stato convertito in legge con importanti modifiche, ma non cambia l’ambito oggettivo. Questo lascia dubbi per il settore agricolo.

La norma prevede un credito del 60% del canone di locazione pagato per marzo, aprile e maggio 2020, qualora in ciascuno di essi il fatturato risulti ridotto di oltre il 50% in confronto al medesimo mese dello scorso anno.

In sede di conversione in legge è stato introdotta la facoltà della cessione del credito e la sua spettanza anche in assenza della riduzione di fatturato (o con una riduzione inferiore al 50%) per i residenti nelle zone colpite da eventi calamitosi con stato di emergenza in vigore al 31 gennaio 2020.

La questione che va evidenziata è quella della spettanza del credito per gli affitti pagati in agricoltura. L’articolo 28 indica espressamente l’agricoltura fra i settori economici interessati. Inoltre considera l’agriturismo, che è generalmente un’attività stagionale, con mesi di riferimento vanno da aprile a giugno; tuttavia la norma, quando indica l’oggetto della agevolazione, cita i contratti di locazione e affitto,ma solo per l’azienda, rendendo incerta la spettanza del credito per gli affitti di fondi rustici.

Confusione e incertezza aumentano leggendo la circolare n. 14 del 6 giugno 2020 dell’agenzia delle Entrate, che ribadisce che il credito di imposta spetta anche agli imprenditori agricoli ed alle imprese agricole, sia che determinino per regime naturale il reddito su base catastale sia che producano reddito di impresa. Ma dopo una così convinta affermazione quando si parla dell’ambito oggettivo della agevolazione, la circolare sostiene che i canoni devono essere relativi ad un contratto di locazione cosi come identificato dagli articoli 1571 del Codice civile la cui disciplina è regolata dalla legge 392/1978, che contiene la «disciplina delle locazioni degli immobili urbani».

Se questa interpretazione è l’unica possibile e non ne ammette altre, il richiamo all’agricoltura contenuto nell’articolo 28 e nella circolare n. 14/E è in un sol colpo viene annullato.

Nel settore agricolo non si prendono in locazione «immobili urbani»: per trovare qualche sporadico caso, occorre pensare all’azienda agricola che svolge la vendita diretta ai consumatori finali e prende in locazione un negozio in un centro urbano.

Anche il richiamo all’agriturismo è frustrante, in quanto tale attività non può certo essere svolta in immobili urbani: fra le funzioni della attività agrituristica è compreso il recupero il patrimonio del edilizio rurale tutelando le particolarità paesaggistiche (legge 96/2006).

In realtà, la volontà del legislatore era netta nel comprendere anche l’agricoltura; è solo mancato un minimo di competenza tecnica nel richiamare anche la legge sui patti agrari previsti dalla legge 203/1982 e così la norma avrebbe raggiunto l’obiettivo di ristorare anche gli imprenditori agricoli affittuari degli effetti negativi dovuti alla epidemia da Covid-19, senza escludere il settore primario come del resto si evince dalla legge e dalla circolare 14/E.

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