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Credito d’imposta R&S, sulla certificazione del revisore l’errore può essere solo formale

La spesa sia per il 2019 che per il 2020 deve essere certificata

di Gianluca Dan

Il credito di imposta ricerca sviluppo maturato nel 2019, che verrà utilizzato in compensazione nel 2020, e i nuovi crediti introdotti dalla legge di Bilancio per il 2020 (ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e altre attività innovative) da utilizzare nel 2021 possono essere usufruiti solo qualora l’effettivo sostenimento delle spese risulti da apposita certificazione.

La legge di Bilancio per il 2019 ha previsto con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018 che il credito d’imposta R&S ex Dl 145/2013 è utilizzabile esclusivamente in compensazione «…subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione».

La medesima formulazione viene riproposta dalla legge 160/2019 che consente l’utilizzo in compensazione subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione: ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti.

Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro di cui all’articolo 8 del Dlgs 27 gennaio 2010, n. 39. Per le sole imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione della documentazione contabile sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore a 5mila euro, fermi restando, comunque, i limiti massimi di spettanza del credito di imposta.

In sede di prima applicazione, ma lo stesso potrebbe accadere anche in futuro, alcuni contribuenti hanno compensato il credito d’imposta in mancanza della certificazione del revisore, ottenendola successivamente e si chiedono ora come regolarizzare tale errore.

Si ritiene, anche sulla base della circolare Mise 38584/2019, che l’errore possa essere considerato formale allorquando il revisore non rilevi scostamenti tra il credito utilizzato e l’ammontare spettante. Lo stesso Mise definisce infatti l’adempimento dell’onere di certificazione della documentazione contabile una condizione (formale) per il riconoscimento e l’utilizzo del credito d’imposta.

Pertanto deve ritenersi che se l’adempimento è formale anche la relativa sanzione debba essere considerata formale con applicazione della sanzione stabilita dall’articolo 8, comma 1, Dlgs 471/1997 pari a 250 euro ravvedibile. Alla stessa conclusione si può giungere qualora non sia in contestazione l’ammontare del credito ma solo la mancanza del visto che non determina alcun danno per l’Erario.

Diverso il caso in cui il revisore riscontri delle differenze e il contribuente abbia compensato un importo maggiore rispetto al credito spettante. In questo caso verrà applicata la sanzione del 30% prevista per i crediti non spettanti (articolo 13, comma 4, Dlgs 471/1997) mentre la sanzione dal 100 al 200% per i crediti inesistenti (comma 5), senza possibilità di avvalersi della definizione agevolata delle sanzioni, dovrebbe venire applicata solo nei casi connotati da fraudolenza nel creare artificiosamente il credito.