Controlli e liti

Credito Iva ai soci della Srl estinta anche se non risulta in bilancio

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di Roberto Bianchi

La restituzione del credito Iva formatosi in una società di capitali in liquidazione, in un secondo tempo depennata dal registro delle imprese, può essere rivendicato a buon diritto dagli ex componenti la compagine sociale, persino se il medesimo non è stato riportato tra le attività del bilancio finale di liquidazione.
A stabilirlo è la sentenza 117/01/17 della CTP di Pistoia, depositata il 6 giugno 2017.
L'ex liquidatore e l'ex socia di una srl unipersonale, depennata dal registro imprese, depositavano un ricorso introduttivo avverso il rifiuto alla restituzione del credito Iva afferente all'anno 2014. L'Amministrazione Finanziaria ha confutato la debenza del rimborso in quanto lo stesso non era stato evidenziato tra le attività nel bilancio finale di liquidazione oltreché per la circostanza che i postulanti erano carenti di legittimazione a procedere, in merito a un credito tributario appartenente alla società cancellata. Tuttavia la Ctp adita ha accolto il ricorso, convenendo in merito alla spettanza del ripago e attribuendo, al tempo stesso, l'onere del corresponsione delle spese di lite all'Ufficio.
A parere dei giudici pistoiesi, l'ex liquidatore della società estinta e l'ex socia unica sono legittimati a reclamare il rimborso del credito tributario successivamente all'estinzione della società. Per ciò che concerne il merito, invece, è evidente la sussistenza del credito vantato, avendo gli istanti fornito, già nella fase precontenziosa, tutto il supporto documentale essenziale per permettere il riscontro del medesimo. Non è di ostacolo, inoltre, la circostanza che il credito non sia stato evidenziato nell'attivo del bilancio finale di liquidazione, risultando più che legittima la decisione dei soggetti interessati di aspettare la fossilizzazione del medesimo, negli stessi termini in cui emergeva dalla dichiarazione Iva a suo tempo inviata.
La determinazione dei giudici di prime cure risulta condivisibile, relativamente alla legittimazione a procedere da parte dell'ex socio. Di fatto la società, in seguito alla sua estinzione, non possiede più alcuna legittimazione ad agire e, di conseguenza, si rivelerebbe arbitraria l'istanza di rimborso presentata dall'ente medesimo o dal suo liquidatore in qualità di legale rappresentante. Pertanto, successivamente al depennamento della società dal registro delle imprese, l'istanza di rimborso afferente a un credito tributario pertinente deve essere avanzata dai soci, entro il termine decadenziale disciplinato dalle specifiche disposizioni fiscali. Non va tuttavia dimenticato che l'amministrazione finanziaria, in forza dei propri documenti di prassi (circolre 19 settembre 1997 n. 254/E e risoluzione 30 gennaio 2003 n. 20/E), è portata a confutare il riconoscimento del rimborso nell'ipotesi di taciuta rappresentazione del credito d'imposta nell'attivo patrimoniale bilancio finale di liquidazione. Ciò nonostante, tale linea di condotta viene regolarmente disconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale il diritto al rimborso esiste in ogni caso, trattandosi nella peggiore delle ipotesi di una irregolarità di tipo formale (Cassazione, sentenze 27951/2009, 13086/2011 e 9192/2016).
Pertanto, sebbene la disciplina afferente le procedure di sollecita esecuzione dei rimborsi Iva, disciplinata dall'articolo 5 del Dm 26 febbraio 1992, sancisca che, nel caso in cui un ente risulti depennata dal Registro delle imprese, l'Agenzia delle Entrate ha titolo per effettuare il rimborso al liquidatore, in qualità di rappresentante legale della società cancellata, un consolidato orientamento giurisprudenziale e di prassi statuisce che, nell'ipotesi di cancellazione della società il rimborso, qualora dovuto, competa ai soci in rapporto alla rispettiva quota di partecipazione. Nel dettaglio sia i Giudici del Palazzaccio sia l'Amministrazione Finanziaria convengono nel reputare che, nell'ipotesi di cessazione dell'ente, in presenza di residui crediti di natura tributaria, si manifesta un fenomeno successorio a favore della compagine sociale, e pertanto soltanto gli ex soci «saranno legittimati all'esercizio dei diritti corrispondenti direttamente, senza condizioni e senza dover ricorrere alla nomina di un curatore speciale» (Tribunale di Bologna 30 settembre 2010 e, in senso conforme, sostanzialmente, Cassazione ordinanza 22863/2011 e risoluzione 77/E del 2011).

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