Imposte

Crisi d’impresa, la riforma fallimentare riapre la partita sulla falcidia Iva

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di Chiara Lucisano e Michele Procida

La legge delega per la riforma del fallimento detta i princìpi e i criteri direttivi che il Governo dovrà attuare per procedere alla revisione della disciplina della crisi di impresa e dell’insolvenza. La riforma riguarderà sia le procedure per i soggetti fallibili (previste dalla legge fallimentare), sia le procedure per i soggetti non fallibili (consumatori, imprenditori commerciali le cui dimensioni escludano l’assoggettabilità al fallimento, imprenditori agricoli, lavoratori autonomi e professionisti), introdotte dalla legge 3/2012 , al fine di consentire anche a costoro la liberazione integrale dai propri debiti, «procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento».

Tra le principali novità della legge delega vi è l’introduzione di una procedura preventiva di allerta, finalizzata alla composizione della crisi mediante il raggiungimento di un accordo stragiudiziale, ossia senza il coinvolgimento del Tribunale, tra il debitore e il creditore, accordo che potrà avere oggetto anche i debiti tributari (articolo 4). Sulla base della normativa attualmente in vigore, invece, un accordo con il Fisco è possibile esclusivamente nell’ambito della transazione fiscale disciplinata dall’articolo 182-ter della legge fallimentare e, dunque, solo in sede di concordato preventivo o accordo di ristrutturazione del debito, procedure queste che prevedono il coinvolgimento del Tribunale e che sono accessibili soltanto da parte di soggetti fallibili.

L’articolo 4 del disegno di legge delega, tuttavia, per la sua formulazione, potrebbe non essere applicabile nelle procedure per i soggetti non fallibili (previste dalla legge 3/2012) nelle quali, perciò, la riduzione dei debiti, anche fiscali, dovrebbe continuare a passare, anche in futuro, per il Tribunale. Bisognerà comunque attendere che il Governo recepisca i princìpi e criteri direttivi in uno o più decreti legislativi per valutare quali saranno gli effettivi destinatari della nuova procedura stragiudiziale.

Peraltro, l’attuazione della legge delega potrà essere l’occasione, per il Governo, di intervenire, sempre per i soggetti non fallibili, sulla falcidiabilità dell’Iva, attualmente non consentita dall’articolo 7 della legge 3/2012. Il Governo potrebbe, in particolare, rendere la normativa conforme all’evoluzione che si è registrata sul tema a seguito della pronuncia della Corte di giustizia Ue del 7 aprile 2016 (C-493/2015), analogamente a quanto già avvenuto per le procedure concorsuali riguardanti i soggetti fallibili, con la legge 232/2016 che ha modificato l’ articolo 182-ter della legge fallimentare.

Sebbene nell’ambito dei princìpi e criteri direttivi dell’articolo 9 non vi sia un riferimento a questo profilo fiscale, un intervento del Governo, quale legislatore delegato, in tal senso non dovrebbe configurare un eccesso di delega, almeno per due ordini di ragioni. Innanzitutto, esso sarebbe pienamente conforme con lo scopo della legge delega, di procedere ad una riforma organica della disciplina della crisi di impresa, nonché di armonizzare le procedure di sovraindebitamento con le altre discipline dell’insolvenza. Ed anzi, mal si concilierebbe con tale esigenza di armonizzazione il mantenimento ingiustificato di un trattamento del debito Iva differenziato a seconda che il debitore sia un soggetto non fallibile oppure un soggetto fallibile. In secondo luogo, tale intervento sarebbe necessario alla luce della normativa comunitaria, per come interpretata dalla Corte di Giustizia citata, tanto più se si considera che lo stesso disegno di legge, al comma 2 dell’articolo 1, prevede che «nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo tiene conto della normativa dell’Unione europea (…)».

La riforma fallimentare approvata definitivamente dal Senato

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