Diritto

Crisi, rifiutata la protezione fuori dal Registro imprese

Il tribunale di Brescia ha respinto la richiesta da parte dell’imprenditore

di Fabio Cesare

Senza pubblicazione dell'istanza e senza esperto no alle misure protettive della procedura di composizione negoziata. A questa conclusione è giunto il Tribunale di Brescia il 2 dicembre 2021 (est. Pernigotto) che ha deciso per la prima volta in relazione a un'istanza sulle misure previste dal Dl 118/2021.

Il Giudice ha ritenuto inammissibile la domanda di conferma delle misure protettive ex articoli 6 e 7 del citato Dl qualora l'istanza di composizione negoziata non sia stata pubblicata nel registro delle imprese, l'esperto non abbia accettato l'incarico e la domanda di concordato precedentemente depositata sia stata rinunciata senza che il Tribunale ne abbia dichiarato l'improcedibilità.

L'impresa debitrice aveva depositato un'istanza di composizione negoziata presso la Camera di commercio cui non era seguita la nomina di un esperto, per la mancanza di iscritti nel relativo elenco.

Né all'istanza aveva fatto seguito la pubblicazione nel registro delle imprese, come previsto dall'articolo 6 primo comma del Dl 118/2021.

Il Tribunale ha ritenuto di non poter confermare il blocco delle azioni esecutive sia perché il provvedimento invocato ha natura di convalida di un effetto automatico connesso alla pubblicazione nel registro delle imprese della domanda, sia perché l'esperto non era stato designato e pertanto veniva meno uno dei requisiti formalmente richiesti dal procedimento ex articolo 7 secondo comma dello stesso Dl.

Del resto, il Tribunale non avrebbe potuto verificare la strumentalità della convalida del divieto di azioni esecutive senza un piano verificato plausibile dall'esperto in seguito all'accettazione dell'incarico e non avrebbe potuto limitare il sacrificio dei creditori con il monitoraggio dell'esperto, che ha il compito di trasmettere al Tribunale la relazione finale (articolo 5, comma 8 del Dl 118/2021) se il tentativo perde ogni speranza di successo così da revocare le misure.

Il provvedimento specifica poi che il divieto di accedere alla composizione negoziata in pendenza di concordato (articolo 23 secondo comma) non può essere superato dalla semplice rinuncia del debitore, pur depositata dall'impresa istante. A tal fine, infatti, è necessario che il Tribunale fallimentare si pronunci con un’ordinanza di improcedibilità della procedura minore, dovendosi ritenere altrimenti pendente il concordato e inammissibile anche la composizione negoziata.

La decisione si caratterizza anche per il particolare rigore con il quale il giudice bresciano ha vagliato la documentazione di supporto dell'istanza: l'impresa aveva depositato una situazione patrimoniale risalente di un anno, mentre la legge impone che essa sia aggiornata a 60 giorni: una base dati così risalente non permette di vagliare correttamente le probabilità di risanamento e dunque la strumentalità delle misure protettive rispetto all'obiettivo di ristrutturazione.

Le molteplici ragioni di inammissibilità illustrate nel provvedimento bresciano fanno già trasparire il rigore con il quale la giurisprudenza si appresta a vagliare le istanze di protezione: quasi con un intento pedagogico, il Tribunale sembra voler avvertire che la composizione negoziata non potrà essere utilizzata per dilatare senza termine l'ombrello protettivo del concordato o dell'accordo di ristrutturazione prenotativo.

E c'è da aspettarsi che il medesimo atteggiamento verrà riservato alle imprese che intenderanno accedere alla composizione negoziata con il solo obiettivo di ottenere l'omologa del concordato semplificato, senza coltivare serie trattative intese a raggiungere un'intesa con i creditori attraverso altri istituti non residuali e non così favorevoli al debitore.

L'auspicio è che simili chiusure, pur doverose nei contesti di abuso e di mancanza di professionalità, non finiscano per travolgere i tentativi di ristrutturazione sorretti da un intento serio e da adeguato supporto.

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