Il CommentoAdempimenti

Dac 6: sui beni di difficile valutazione si rischia il raddoppio degli adempimenti

di Roberto Belotti

Le raccomandazioni proposte nell’ambito del progetto Beps in sede Ocse sono state recepite con la direttiva Ue 2018/822 (direttiva Dac 6) ad oggetto lo scambio automatico di informazioni qualificate su schemi di pianificazione fiscale transazionale aggressiva. Obiettivo della norma è di consentire alle Amministrazioni di conoscere i contribuenti che prendono parte ad uno schema, accordo o progetto soggetto all’obbligo di trasmissione, per poi procedere allo scambio dei dati in sede comunitaria. In questo senso, i trasferimenti di know how e diritti immateriali potrebbero comportare una comunicazione all’Agenzia.

Nel nostro ordinamento la Dac 6 è stata attuata con Dlgs 100/20 che ha indicato quali destinatari dell’obbligo di notifica all’Agenzia, in primo luogo gli intermediari, cioè gli «ideatori» dello schema di pianificazione fiscale aggressiva.

La concreta individuazione degli schemi aggressivi si fonda essenzialmente su quattro aspetti

1 carattere transnazionale del meccanismo

2 sussistenza di almeno uno degli elementi distintivi (hallmarks, da A) a E), che costituiscono indice di rischio

3 presenza di una riduzione potenziale d’imposta dovuta in un paese Ue o Stato terzo con cui è in vigore un accordo di collaborazione

4 criterio del vantaggio fiscale principale realizzato in Italia.

Con riferimento agli hallmarks classificati nella lettera E) «Elementi distintivi specifici relativi ai prezzi di trasferimento» oltre alla natura transfrontaliera del meccanismo da cui potrebbero derivare valutazioni non conformi all’arms lenght principle, deve essere solamente verificato il criterio della riduzione d’imposta senza che sia soddisfatto il parametro del vantaggio principale.

La potenziale riduzione d’imposta va rapportata alla differenza fra le imposte da assolvere sulla base di uno o più meccanismi e le imposte che sarebbero dovute in assenza di tali accordi (articolo 7 comma 3 Dm 17/11/20).

In particolare secondo l’hallmark E.2) andrebbe comunicato ogni schema che comporta il trasferimento di beni immateriali o diritti su beni immateriali di difficile valutazione per i quali al momento del loro trasferimento fra imprese associate non esistono transazioni comparabili e le proiezioni dei flussi di cassa futuri o il reddito derivante dal bene trasferito, rendono impraticabile prevederne la profittabilità complessiva.

Il problema diviene dunque se un’impresa, facente parte di un gruppo multinazionale, debba o meno notificare all’Agenzia la semplice concessione in licenza di marchi, brevetti, diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, know-how e simili a fronte del pagamento di una royalty dalla propria controllata. Qualora non ci fossero “asimmetrie” riservate al trattamento fiscale del medesimo componente di reddito da parte della legislazione adottata da diverse giurisdizioni lo schema non rientrerebbe nell’hallmark C.1) come chiaramente desumibile dall’Esempio 19 della circolare 2/21 § 8.3.1.

La sua collocazione diverrebbe allora l’elemento distintivo di cui alla lettera E.2), in quanto la comunicazione dipenderebbe dalla circostanza che il rischio potenziale è insito nella natura o complessità dell’oggetto, dovendo avere riguardo esclusivamente alla struttura del meccanismo. Tuttavia il concetto di «trasferimento» di un bene immateriale o la «concessione di un diritto» è da sempre molto labile, in quanto a secondo del perimetro che gli si vuole attribuire, può comprendere o meno l’utilizzazione industriale del bene o la concessione in licenza. Del resto anche in questo caso l’Esempio 28 (circolare 2/21 § 8.5.2) non fa che aumentare gli equivoci, laddove la concessione in licenza del bene immateriale sembra subordinare la notifica al trasferimento/vendita al nuovo concedente.

Sarebbe opportuno a questo punto un chiarimento in quanto, diversamente argomentando, oltre al regime sanzionatorio, verrebbe raddoppiato l’adempimento già previsto in tema di documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza, con buona pace delle semplificazioni.