Dal Tar Lazio sì alle valute virtuali nel quadro RW
Respinto dal tribunale amministrativo di Roma il ricorso delle associazioni di virtual asset
Le valute virtuali possono rientrare nel campo del quadro RW ed essere tassate attraverso l’inserimento in questa parte delle dichiarazioni. La soluzione ha un fondamento solido nella legge italiana, a partire dal recepimento della Quarta e della Quinta direttiva antiriciclaggio (decreti legislativi 90/2017 e 125/2019).
È questa la posizione presa dal Tar Lazio, con la sentenza 1077/2020, che conferma come l’impostazione data dall’agenzia delle Entrate nel corso degli ultimi mesi sia corretta. E che, quindi, l’impiego delle criptovalute sia rilevante dal punto di vista fiscale qualora generi «materia imponibile».
La vicenda
La sentenza nasce da un ricorso di alcune associazioni attive nella blockchain in Italia contro il modello Redditi 2019 e le relative istruzioni dell’agenzia delle Entrate. Le associazioni contestavano «l’inserimento della valute virtuali nell’ambito degli obblighi di monitoraggio fiscale». E, in particolare, la previsione, nelle istruzioni relative al quadro RW, dell’obbligo di indicare anche «le altre attività estere di natura finanziaria e valute virtuali».
Secondo le associazioni, questo inserimento delle valute virtuali negli obblighi dichiarativi sarebbe «privo di titolo e contrastante» con alcune norme, come il recepimento della Quarta direttiva antiriciclaggio (decreto legislativo 90/2017), dove i prestatori di servizi relativi a valute virtuali vengono classificati tra gli operatori «non finanziari». La sottoposizione delle criptovalute a imposizione sarebbe irragionevole e discriminatoria, perché queste non hanno natura finanziaria o di investimento.
La decisione
Il Tar respinge il ricorso, evidenziando che il trattamento fiscale dell’impiego della moneta elettronica non dipende solo dalle istruzioni dell’agenzia delle Entrate impugnate dalle associazioni, ma anche da alcune norme,come il decreto legislativo 125/2019 dove la valuta virtuale viene definita come una rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica.
In questo quadro, secondo il Tar, l’impiego di moneta virtuale rientra a pieno titolo nel perimetro dell’articolo 67 del Tuir e, quindi, è soggetto a tassazione quando genera «materia imponibile».
Il Tar, invece, ha scelto di non pronunciarsi su un’altra questione: la “non territorialità” delle criptovalute che impedirebbe di ravvisare un elemento di collegamento geografico con il titolare.
Secondo i giudici, questo elemento riguarda l’attuazione del rapporto di imposta ed è per questo appannaggio della giurisdizione tributaria.