Dalla cessione Iva niente assist alla rettifica delle imposte dirette
Nell'’ambito dell'accertamento ai fini delle imposte sul reddito trovano applicazione, in funzione del postulato dell’unitarietà del sistema, le presunzioni di cessione e di acquisto afferenti ai beni ritrovati in uno dei siti nei quali il contribuente svolge la propria attività. Le menzionate presunzioni, tuttavia, non manifestandosi in maniera diretta e subitanea nell’ambito delle imposte dirette, non sono in grado di supportare l’atto di accertamento in quanto abbisognano di ulteriori riscontri, adeguati alla disciplina delle singole imposte.
A tale conclusione è giunta la sezione V della Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n. 28553/2017 depositata in cancelleria il 29/11/2017.
A seguito di una verifica tributaria effettuata dalla Guardia di Finanza presso una Snc, l’Agenzia delle entrate notificava alla società e ai due soci (al 50%) tre avvisi di accertamento con i quali rettificava il reddito d’impresa relativo all’anno d’imposta 1998 e recuperava a tassazione il maggior reddito di società e soci.
Il menzionato recupero scaturiva dal rinvenimento di merce in un deposito non dichiarato all’Amministrazione Finanziaria nel rispetto delle modalità previste dalla normativa vigente, che pertanto veniva considerata venduta.
Avverso gli atti impositivi i contribuenti presentavano distinti ricorsi dinanzi alla Ctp di Messina la quale, previa riunione, li respingeva.
Nei confronti di tale pronuncia la società e i soci proponevano appello dinanzi alla Ctr della Sicilia, la quale annullava gli avvisi di accertamento relativi ai soci, confermando nel resto la sentenza impugnata. In particolare il Giudice di appello osservava, in relazione all’accertamento Iva nei confronti della società, che la stessa non aveva fornito elementi idonei a vincere la presunzione di cui all’art. 53 del Dpr n. 633/1972, secondo il quale i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attività, si presumono ceduti.
In merito all’accertamento nei riguardi dei soci, il collegio siciliano rilevava tuttavia che la presunzione ex art. 53, in materia di Iva, considerato che non operava in via diretta e immediata nell’ambito delle imposte dirette, non era di per sé sufficiente a giustificare l’accertamento, necessitando lo stesso di ulteriori riscontri, non ravvisabili nel contesto in esame.
Avverso la menzionata sentenza l’Agenzia delle entrate ricorreva per Cassazione mentre un altro ricorso veniva depositato dalla Snc, che inoltre resisteva al ricorso dell’Ufficio mediante controricorso.
Con motivo di ricorso l’Ufficio ha sostenuto che la presunzione prevista dall’art. 1 del Dpr n. 441/1997, norma che aveva sostituito l’art. 53 del Dpr n. 633/1972, operava - contrariamente a quanto ritenuto dalla Ctr - sia per le imposte indirette sia per le imposte dirette e, di conseguenza, il Giudice di appello aveva erroneamente annullato gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci.
A parere del Collegio di Legittimità, tuttavia, il motivo di ricorso proposto dall’ufficio risulta essere infondato in quanto la sentenza impugnata si è rivelata conforme ai principi più volte enunciati dalla Corte di Cassazione in forza dei quali, in materia di accertamento delle imposte sul reddito, trovano applicazione, in virtù del principio di unitarietà dell’ordinamento, le presunzioni di cessione e di acquisto dei beni rinvenuti nel luogo o in uno dei luoghi in cui il contribuente esercita la propria attività, poste in materia di Iva dall’art. 53 del Dpr n. 633/1972 e dal Dpr n. 441/1997. Le menzionate presunzioni, peraltro, non operando in via diretta e immediata nell’ambito delle imposte dirette, non sono in grado di giustificare l’accertamento necessitando di ulteriori riscontri, adeguati alla disciplina delle singole imposte. Inoltre, trattandosi di presunzioni legali relative, annoverabili tra quelle c.d. miste, è consentita la prova contraria da parte del contribuente, ma solo entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova indicati dall’art. 53 cit. e da quest’ultimo previsti a evidenti fini antielusivi (Cass. sent. n. 16483/2006 e Cass. sent. n. 1976/2015).
Cassazione, ordinanza n. 28553/2017