Controlli e liti

Danni per mancata Opa senza automatismi

di Patrizia Maciocchi

Il danno procurato all’azionista con il mancato lancio dell’offerta pubblica di acquisto va “tarato” sul differenziale tra il prezzo da praticarsi con l’Opa e il valore effettivo del titolo. L’indicazione arriva dalla Cassazione con la sentenza 19741 di ieri. Sedici anni dopo la mancata Opa su Fondiaria da parte di Sai, che aveva agito in concerto con Mediobanca, la Cassazione torna sul danno degli azionisti e detta un criterio per quantificare il danno. La Suprema corte interviene dopo che la Corte d’Appello aveva già rivisto, al ribasso il danno riconosciuto dal Tribunale, in base alla differenza tra il prezzo di vendita delle azioni in sede di Opa e il valore di mercato al giorno in cui era insorto l’obbligo dell’offerta. La Cassazione precisa che il pregiudizio non si può far coincidere in modo necessario e automatico con il risultato economico della vendita azionaria che si sarebbe verificato in caso di Opa lanciata e accettata. Il danno dell’azionista sta nella perdita di chance e dunque nella mancata possibilità di disinvestire che sarebbe stata assicurata da un’Opa mai esistita: si entra nel campo del lucro cessante ipotetico.

Per la perdita di chance da disinvestimento va confrontato il prezzo di rimborso delle azioni in caso di Opa con il loro valore effettivo, secondo l’andamento del titolo in Borsa, nell’arco di tempo che passa tra violazione dell’obbligo e disinvenstimento.

Cassazione, I sezione civile, sentenza 19741 del 25 luglio 2018

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