Debiti cancellati per costi inesistenti, la sopravvenienza non è tassabile
La sopravvenienza attiva rilevata a conto economico al fine di eliminare debiti sorti a seguito di costi accertati in via definitiva come inesistenti non genera reddito imponibile, con onere del contribuente di predisporre e conservare documentazione idonea a ricondurre tra loro i relativi importi. La risposta 71/2019 , resa dalle Entrate a seguito di istanza di interpello, appare, in linea di principio, abbastanza scontata, se non fosse che interviene su una materia – la corretta applicazione dell’articolo 88 Tuir - in cui recenti pronunce della Corte di cassazione avevano fatto sorgere più di una perplessità.
La società istante aveva subito un accertamento con ripresa a tassazione di alcuni costi asseritamente sostenuti verso una controllata estera, qualificati come inesistenti. A fronte del pagamento degli importi accertati, la società intendeva eliminare dal bilancio i debiti rilevati verso la controllata estera, contabilizzando una sopravvenienza attiva da sterilizzare in dichiarazione dei redditi tramite apposita variazione in diminuzione onde evitare una doppia imposizione.
Né la società istante né l’Agenzia entrano nel merito del corretto trattamento contabile, presumibilmente da ricondurre alla correzione di un errore in base al principio Oic 29, con comportamenti differenziati a seconda che l’errore fosse da qualificarsi come rilevante (rettifica del patrimonio netto di apertura) o non rilevante (contabilizzazione a conto economico). Il concetto di rilevanza è, invece, esplicitato nel principio Oic 11.
Nel caso specifico, l’Agenzia conferma la non imponibilità della sopravvenienza attiva fino a concorrenza delle spese oggetto di recupero a tassazione, alla duplice condizione del pagamento a titolo definitivo delle maggiori imposte rivenienti e della conservazione di documentazione apposita.
Secondo l’articolo 88, comma 1 del Tuir, si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite o oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi. Correttamente, quindi l’Agenzia ricollega l’imponibilità del provento alla deduzione dell’onere, contrariamente a quanto emerge da alcune sentenze della Corte di cassazione dove tale legame è stato messo in discussione. Con sentenza 23812/2017 è stata considerata imponibile (non solo ai fini Ires ma anche ai fini Irap) la sopravvenienza emergente dall’azzeramento di un fondo rischi creato a seguito di accantonamenti (per futuri rinnovi contrattuali del personale) non fiscalmente dedotti. Con l’ordinanza 18719/18 la Suprema corte era giunta alle medesime conclusioni in relazione alla creazione di un fondo fiscalmente irrilevante tramite giroconto da altro fondo creato con accantonamenti non dedotti, presumibilmente divenuto superfluo per sopravvenuta insussistenza dei relativi presupposti. Come già rilevato (si veda «Il Sole-24 Ore» del 14 novembre scorso) queste conclusioni sono opinabili sotto l’aspetto fiscale e probabilmente costituiscono il frutto di comportamenti discutibili dal punto di vista contabile e/o di documentazione non idonea alla puntuale ricostruzione dei fatti di causa. Il principio corretto è quello ora ribadito dall’Agenzia, sulla scia di quanto chiarito già in passato (risoluzioni 9/813/79 e 124/E/17).
Agenzia delle Entrata, interpello, risposta 71 del 5 marzo 2019