Imposte

Deposito Iva, l’estrazione «segue» il tipo di operazione

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di Michele Brusaterra


Nell'estrazione delle merci dal deposito Iva, l'individuazione della corretta modalità di estrazione è collegata all'operazione con il quale il bene è stato introdotto nel medesimo deposito. Le successive cessioni di cui i beni possono essere stati oggetto durante la loro permanenza all'interno del deposito Iva non influenzano, pertanto, l'individuazione delle modalità di estrazione degli stessi.
Sono questi i due concetti fondamentali espressi dall'agenzia delle Entrate che, in risposta a un interpello, attraverso la risoluzione n. 55/E del 3 maggio 2017 analizza la nuova disciplina che governa i depositi Iva dal primo aprile di quest'anno.
Con l’articolo 4 del Dl 193/2016, infatti, la normativa contenuta nell'articolo 50-bis del Dl 31/1993, e che dispone in merito ai depositi Iva, è stata rivista in modo importante. In particolar modo viene ora previsto che l'estrazione dal deposito possa avvenire con il meccanismo dell'inversione contabile solo se i beni ivi introdotti siano beni che provengono da un acquisto intracomunitario ovvero beni extracomunitari, immessi in libera pratica. Per questi ultimi il decreto ministeriale del 23 febbraio 2017 ha previsto che ci debba essere la presentazione di apposita garanzia al fine di poter applicare, all'atto dell'estrazione, il meccanismo dell'inversione contabile.
Se, invece, i beni estratti dal deposito Iva sono di origine nazionale, all'atto dell'estrazione si deve applicare la nuova disciplina che consiste nella determinazione e nel versamento dell'imposta attraverso il modello F24, senza compensazione. Al versamento, in nome e per conto del soggetto estrattore, deve provvedere lo stesso depositante.
È qui che si inserisce uno dei chiarimenti più importanti forniti dall'agenzia delle Entrate che afferma che non rilevano, ai fini della determinazione delle modalità di applicazione dell'imposta, gli eventuali passaggi, ossia le eventuali cessioni, che avvengono finché i beni sono in deposito Iva valendo, invece, sempre al fine di determinare il corretto trattamento Iva, la natura dell'operazione che per prima ha introdotto i beni all'interno del deposito.
Le cessioni successive a quella che ha comportato l'introduzione dei beni all'interno del deposito rilevano al fine della determinazione della base imponibile su cui applicare l'imposta al momento dell'estrazione. È, infatti, il corrispettivo o il valore di tale ultima cessione a determinare la base imponibile.
Nel caso di estrazione di beni che, come nella fattispecie esaminata nell'interpello, perdono la loro individualità a seguito delle lavorazioni subite con la conseguenza che l'estrattore non è in grado di individuare quelli introdotti a seguito di acquisti nazionali, europei o extraeuropei, l'Agenzia accetta che al valore di estrazione, determinato con le modalità di cui si è appena detto, possa essere applicata la percentuale di beni di provenienza italiana, comunicata direttamente dal cedente, al fine di individuare il valore dei beni nazionali per i quali l'imposta va assolta attraverso il versamento con modello F24. Per differenza, quindi, si avrà il valore dei beni da assoggettare a reverse charge.
Se, poi, i beni introdotti nel deposito sono oggetto di «fluttuazioni» di prezzo e il corrispettivo di vendita viene variato dopo l'estrazione, il cedente dovrà emettere nota di variazione, in base all'art. 26 del Dpr 633/1972, a cui va applicata la stessa modalità di assolvimento dell'imposta utilizzata al momento dell'estrazione.

Per ulteriori approfondimenti vai alla sezione “Circolari 24” del Quotidiano del Fisco

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