Dichiarazione fraudolenta più favorevole al reo
Sono i mezzi fraudolenti utilizzati nell’evasione fiscale che determinano la differenza tra una fattispecie penalmente rilevante e una condotta abusiva non più perseguibile. È questo uno dei principi enunciati dalla sentenza n. 10416 della IV sezione penale della Corte di cassazione, depositata ieri, che offre vari spunti di riflessione sul nuovo delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.
La vicenda concerne una presunta evasione fiscale integrante tra l’altro la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3 del Dlgs 74/2000). Le operazioni contestate riguardavano in sintesi alcune fatturazioni ricevute da una società ed emesse da altra impresa del gruppo ritenute non deducibili in quanto sproporzionate e antieconomiche. A seguito del sequestro, gli indagati ricorrevano in Cassazione che annullava la misura cautelare. Il Tribunale confermava nuovamente il sequestro e quindi gli interessati ricorrevano ancora in cassazione.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso. Innanzitutto viene ricordato che la nuova versione della dichiarazione fraudolenta ha ampliato la condotta illecita e quindi per il principio del favor rei non può essere applicata per il passato.
Mentre il precedente delitto si connotava per la sua struttura trifasica (falsa dichiarazione, falsa rappresentazione nelle scritture contabili e utilizzazione di mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento), il nuovo ha struttura bifasica essendo stata eliminata la falsa rappresentazione nelle scritture contabili. Per il futuro risultano così aumentati i potenziali soggetti attivi del reato. I mezzi fraudolenti, inoltre, non possono consistere nella semplice violazione degli obblighi di fatturazione né nella sottofatturazione.
Se a ciò si aggiunge che il nuovo articolo 10-bis della legge 212/2000 ritiene non penalmente perseguibili le condotte abusive, occorre individuare, per l’integrazione della dichiarazione fraudolenta, fattispecie che non consistano nella semplice omessa o sotto-fatturazione ma neanche in condotte abusive. Tale differenziazione, giudicata non sempre agevole, va individuata nella inesistenza economica dell’operazione. In altre parole non c’è più una sanzione penale per operazioni dotate di reale consistenza economica pure se poste in essere nella totale assenza di ragioni diverse dal risparmio fiscale, le quali, seppure con qualche incertezza, in passato erano ritenute penalmente rilevanti.
Cassazione, IV sezione penale, sentenza 10416 del 7 marzo 2018