Imposte

Digital tax, ecco la dichiarazione: primo invio posticipato al 30 aprile

Disponibile sul sito delle Entrate il nuovo modello dichiarativo della Dst, la Digital services tax (o imposta sui servizi digitali)

di Alessandro Galimberti

È disponibile dal 25 gennaio sul sito dell'agenzia delle Entrate il nuovo modello dichiarativo della Dst, la Digital services tax (o imposta sui servizi digitali), da utilizzare per comunicare all'Agenzia i dati relativi all'imposta dovuta e versata per il 2020.

La pubblicazione del modello, che segue di dieci giorni il provvedimento sulla Dst/Isd, lascia un congruo termine (3 mesi e 6 giorni) per finalizzare l'adempimento, considerata la mini proroga di 30 giorni in sede di prima applicazione che ha spostato la deadline dal canonico 31 marzo fissato dalla legge 145/2018 (Bilancio per il 2019) al 30 aprile 2021.

Oltre ai dati identificativi del contribuente, che come noto deve vantare un fatturato globale di 750 milioni e locale di 5,5, il modello – presentato in via telematica direttamente dai soggetti abilitati a Entratel o Fisconline – prevede il Quadro Dt/determinazione dell'imposta dove trovano spazio le tre tipologie di ricavo digitale (e non invece di «reddito») individuate dal comma 37 dell'articolo 1 della legge 145/18.

L'imposta si applica quindi ai ricavi derivanti dalla fornitura dei servizi di: a) veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia; b) messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi; c) trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale. Il successivo Quadro Dg è dedicato invece alle società designanti. Con la stessa dichiarazione è inoltre possibile chiedere il rimborso, nel caso l'imposta da versare entro metà marzo sia stata pagata in eccesso, oppure riportare l'eventuale credito all'anno successivo.

Con il decreto legge 3/2021 pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 15 gennaio il governo aveva liberato la nuova mini-proroga per l'imposta sui servizi digitali, spostando di 30 giorni i termini previsti dalla legge di Bilancio dello scorso anno. Il primo versamento per le società coinvolte – non più di alcune decine in tutto il Paese secondo un recente studio americano – andrà quindi effettuato entro il 16 marzo (e non più entro il 16 febbraio) e la prima dichiarazione dovrà essere inviata all'agenzia delle Entrate entro il 30 aprile (e non più entro il 31 marzo).

Il perimetro tracciato dal parlamento per l'imposta sui servizi digitali – che peraltro è del tutto sovrapponibile alle altre esperienze di digital tax in giro per il mondo – è molto stretto, toccando di fatto solo il B2c di imprese con oltre 750 milioni di euro fatturato globale e, contemporaneamente, di 5,5 milioni di euro su base italiana, con esclusione peraltro di molti settori strategici, dall'energia alla finanza. Il braccio di ferro internazionale con gli Usa, patria di tutti gli Over-the-top a cui è rivolta la Dst, è temporaneamente congelato con l'accordo che i saldi verranno ricalcolati una volta approvata la (auspicabile) digital tax globale in sede Ocse.

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