Imposte

Dividendi, l’ora delle scelte per il regime transitorio

La scadenza del 31 dicembre 2022 impone un’attenta valutazione anche alla luce della posizione espressa dalle Entrate nella risposta a interpello 454

di Gianluca Dan

«Nel caso di specie, le riserve di utili distribuite successivamente al 31 dicembre 2022, dovranno essere assoggettate a ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 26 per cento da parte della società istante ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del Dpr 600/1973». È questa la conclusione a cui giunge l’agenzia delle Entrate con la risposta a interpello 454 resa il 16 settembre (si veda l’articolo di Alessandro Germani «Dividendi, delibera 2022 non salva dal 26%»), confermando quanto già indicato con una risposta non pubblicata e segnalata sulle pagine del Sole 24 Ore (si veda l’articolo di Michela Folli e Marco Piazza «Tassazione dividendi, l’Agenzia sbaglia rotta sul regime transitorio»). E va ricordato anche, come nell’informativa 94/2022, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec) abbia sottolineato che la risposta a interpello 454 ha fornito un’interpretazione più stringente rispetto al dato normativo, che parla di utili deliberati e non del relativo pagamento dell’imposta sostitutiva entro il 31 dicembre (si veda l’articolo di Federica Micardi «Commercialisti in pressing su dividendi e credito d'imposta ricerca e sviluppo»).

Regime transitorio

Facciamo un passo indietro. La legge di Bilancio per il 2018 (legge 205/2017) ha previsto, con decorrenza dal 1° gennaio 2018, l’assoggettamento a ritenuta a titolo d’imposta del 26% per tutti i dividendi corrisposti alle persone fisiche non imprenditori, indipendentemente dalla natura qualificata o meno della partecipazione posseduta.

Fino al 31 dicembre 2022, in via transitoria, per gli utili maturati antecedentemente al nuovo regime di tassazione (leggasi utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017), continuano ad applicarsi le disposizioni precedenti con assoggettamento a tassazione ordinaria (ma parziale) del dividendo percepito da un socio, persona fisica, qualificato (i non qualificati dovevano già il 26%).

Nel regime transitorio l’ammontare, che concorre alla formazione del reddito imponibile del percettore, viene assoggettato a Irpef ordinaria in misura parziale pari al:

O 40% per la distribuzione degli utili formatisi fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 (quando l’aliquota Ires era del 33%);

O nel limite del 49,72%, per la distribuzione degli utili formatisi dopo l’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 e sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016 (con aliquota Ires al 27,5%);

O nel limite del 58,14%, per la distribuzione degli utili formatisi a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (con l’aliquota Ires al 24%).

Le diverse interpretazioni

L’articolo 1, comma 1006 della legge 205/2017 regola il regime transitorio stabilendo che «in deroga alle previsioni di cui ai commi da 999 a 1005, alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberate dal 1º gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del ministro dell’Economia e delle finanze 26 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 dell’11 luglio 2017».

La dottrina interpreta il testo letteralmente riferendosi alle delibere assunte dalle società entro il 31 dicembre prossimo (deliberate dal 1º gennaio 2018 al 31 dicembre 2022) indipendentemente dall'effettiva corresponsione del dividendo, invocando quindi la tassazione parziale del dividendo purché deliberato entro dicembre anche se corrisposto (pagato) nel 2023 o anni seguenti.

L’Agenzia invece, richiamando la risoluzione n. 56/E del 2019, afferma che il regime transitorio deriva dalla volontà del legislatore di salvaguardare, per un periodo di tempo limitato (1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022), il regime fiscale degli utili formati in periodi d’imposta precedenti rispetto all’introduzione del nuovo regime fiscale. In altri termini, l’individuazione normativa dell’arco temporale di vigenza del regime transitorio e l’applicazione del principio di cassa (per il percettore, nda), porta a ritenere che per i dividendi percepiti a partire dal 1° gennaio 2023 relativi a partecipazioni qualificate si applica la ritenuta a titolo imposta o l’imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento.

Effetti in capo al socio

Per il socio qualificato risulta conveniente, dal punto di vista fiscale, ricevere un dividendo soggetto alla vecchia normativa evitando la ritenuta a titolo d'imposta del 26%. Basta pensare che a fronte di un dividendo del 2007 o antecedente l'imposizione è limitata al 40% di quanto incassato:

IL CONFRONTO

Nel regime transitorio 100mila euro di dividendo del 2007 o antecedenti determinano un reddito di capitale imponibile per 40mila euro e un Irpef di 17.200 euro considerando tutto il dividendo soggetto all'aliquota marginale del 43% per i redditi superiori a 50mila euro contro una tassazione al 26% dell'intero dividendo. Il calcolo di convenienza dovrebbe tenere in considerazione che nel regime della ritenuta al 26% il percettore persona fisica non può scomputare eventuali deduzioni e/o detrazioni in quanto il dividendo non confluisce nel reddito complessivo oltre alla variabilità dovuta alle aliquote dell'articolo 11 del Tuir e all'anno di formazione degli utili.Calcolo più complesso, ma che risulta generalmente a favore della distribuzione degli utili del regime transitorio, anche per i dividendi percepiti da società estere: la concorrenza alla formazione del reddito complessivo consente di scomputare l'eventuale ritenuta subita all'estero nei limiti convenzionali in applicazione del tax credit per i redditi esteri.

Cosa fare?

Le società dotate finanziariamente potrebbero deliberare e dare corso alla distribuzione entro dicembre adeguandosi all'interpretazione più rigida ricordando che deve essere considerato anche l'eventuale impatto che la distribuzione delle riserve potrebbe avere sulla fruibilità dell'Ace e ancor di più della Superace, visto il particolare regime di monitoraggio biennale previsto per quest'ultima agevolazione dai commi 4 e 5 dell'articolo 19 del Dl 73/2021 ad oggi non ancora ufficialmente chiarito dalle Entrate.

In mancanza di fondi una strada suggerita potrebbe essere quella di deliberare ugualmente la distribuzione degli utili entro dicembre e attendere un possibile (anche se remoto) cambio di direzione dell'agenzia delle Entrate o affrontare un contenzioso in caso di erogazione del dividendo senza applicazione della ritenuta del 26 per cento. Tale soluzione va però attentamente vagliata perché la delibera di distribuzione degli utili adottata dall'assemblea muta la natura della riserva di utili in debito della società verso i soci per dividendi. Se il debito per dividendi della società non verrà mai onorato potrebbe scattare, all'atto della prescrizione o della rinuncia al credito da parte del socio, l'incasso giuridico con conseguente tassazione delle somme deliberate e possibili richieste sanzionatorie in capo alla società per mancata applicazione della ritenuta del 26 per cento.

L'utilizzo del condizionale è comunque d'obbligo perché l'amministrazione finanziaria non ha mai chiarito se la prescrizione di un dividendo determini il famigerato incasso giuridico. In merito la sentenza 19/1/20 della Ctr del Friuli Venezia Giulia ha statuito che «nel ribadire che nel caso in esame si tratta di prescrizione del diritto di credito ai dividendi e non di rinuncia, è bene evidenziare che la prescrizione non fa emergere alcuna sopravvenienza attiva e correttamente la società ha registrato l’estinzione del debito tra le riserve di utili facenti parte del patrimonio netto: ciò sta a significare che solo in caso di distribuzione delle riserve di patrimonio netto, il socio sarà tenuto a versare l’imposta dovuta, diversamente si verificherebbe una doppia imposizione dello stesso reddito, in quanto l’utile già tassato una prima volta, verrebbe tassato una seconda volta quale sopravvenienza attiva».


Per saperne di piùRiproduzione riservata ©