Il CommentoImposte

Donazione esente anche per società Ue

di Angelo Busani

La donazione – tra un donante e un donatario entrambi italiani – avente a oggetto quote di partecipazione al capitale di società con sede in un Paese membro dell’Unione europea, beneficia dell’esenzione da imposta di donazione (disposta dall’articolo 3, comma 4-ter, Dlgs 346/1990, il Testo unico dell’imposta di successione e donazione). Ciò, tuttavia, a condizione che:
● il donatario consegua il controllo della società le cui quote di partecipazione sono oggetto di donazione;

● il donatario si impegni, con specifica dichiarazione nel contratto di donazione, a mantenere il controllo della società per almeno cinque anni (e poi, in effetti, mantenga tale controllo per almeno un quinquennio).

È quanto deciso dalla Cassazione con la sentenza 5692 del 23 febbraio scorso rigettando il ricorso di un contribuente che pretendeva di applicare l’esenzione a una donazione di partecipazioni in una società lussemburghese a prescindere dal fatto che fosse oggetto di donazione un pacchetto “di controllo” e dal fatto che il controllo fosse mantenuto per cinque anni, ritenendo che questi due requisiti siano da considerare solo nel caso in cui la donazione abbia a oggetto quote di partecipazione in società italiane.

La tesi del contribuente si incentrava su due principali argomentazioni:
● una lettura molto stringente della normativa in questione, la quale, quando si riferisce al trasferimento della quota “di controllo”, si riferisce alle società di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a) del Tuir, nel quale invero sono contemplate le società di capitali e le cooperative «residenti nel territorio dello Stato»;

● una considerazione, di carattere più generale, secondo cui la norma di esenzione sarebbe dettata dall’intento del legislatore di favorire il ricambio generazionale delle aziende italiane, con la conseguenza che il trasferimento del controllo in aziende site all’estero sarebbe un fatto verso il quale l’ordinamento tributario italiano non avrebbe interesse.

La Cassazione replica che quando la legge si riferisce alle società «residenti nel territorio dello Stato», si tratta di un’espressione che va letta, anzitutto, come se si riferisse anche alle società aventi sede in qualsiasi Paese membro dell’Unione europea perché – se l’agevolazione non venisse consentita alla donazione di quote di partecipazione in tali società – si avrebbe una situazione di contrasto con il principio di libertà di stabilimento di iniziative economiche nel territorio unionale.

D’altro canto, secondo la Cassazione, non si può pensare che i requisiti del trasferimento del controllo e del mantenimento quinquennale del controllo siano applicabili solamente al caso della donazione di partecipazioni in società italiane poiché quest’ultima avrebbe un trattamento deteriore rispetto alla donazione riguardante partecipazioni in società straniere. In sostanza, si avrebbe un «regime di maggior favore … privo di logica … rispetto ai principi di ragionevolezza e di capacità contributiva».