Controlli e liti

Doppie imposizioni, decisione alla Corte di giustizia

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di Andrea Taglioni

La Corte di Giustizia dell’Unione europea è legittimata a dirimere eventuali controverse che dovessero insorgere sull’attuazione e sull’esegesi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra gli stati membri.

La delimitazione dei poteri di tassazione al fine di prevenire gli effetti della doppia imposizione riconosciuta ai singoli Stati, sebbene concernente le imposte dirette, può essere devoluta alla Corte Ue in virtù di un compromesso previsto all’interno dell’accordo bilaterale e la questione presenta una connessione con l’oggetto dei Trattati.

La remunerazione a tasso fisso, calcolata sul loro valore nominale, pur proporzionalmente ridotta in caso di perdita contabile, ma recuperabile negli anni successivi, rappresenta interessi e non un credito con partecipazione agli utili; conseguentemente, in base alla Convenzione austro-tedesca, il potere impositivo spetta allo Stato austriaco.
Queste le questioni su cui, per la prima volta, si è espressa la Corte di Giustizia UE nella causa C-648/15 del 12 settembre 2017.

La vicenda fa seguito ad una controversia sorta tra l’ Austria e la Germania in merito alla competenza della potestà impositiva sugli interessi derivanti da alcuni titoli acquistati da una banca austriaca da una tedesca.
In particolare, mentre l’Austria sosteneva, in applicazione della convenzione, l’ esclusivo potere impositivo in quanto Stato membro di residenza del beneficiario effettivo degli interessi liquidati, la Germania rivendica ugualmente il diritto di assoggettarli a imposta qualificandoli come redditi derivanti da partecipazione agli utili.
Pertanto, essendo controversa tra le parti l’esatta qualificazione giuridica degli interessi percepiti dalla banca austriaca, entrambi gli Stati li hanno sottoposti a tassazione generando così, in capo al percipiente, una doppia imposizione.

I Giudici, prima di affrontare specificatamente la questione, hanno ritenuto opportuno analizzare l’intero impianto normativo rilevando come, in effetti, sussistono tutti i presupposti per ritenere la Corte competente a risolvere la problematica insorta.
Infatti, nel caso di specie, la controversia interessa Stati membri dell’Unione e la materia è oggettivamente connessa con i trattati poiché le convenzioni contro le doppie imposizioni, tese a coordinare la potestà impositiva degli stati contraenti, favoriscono il funzionamento del mercato unionale.
Inoltre, la convenzione prevede espressamente una clausola compromissoria che permette, se la controversia non è stata definita dalle autorità degli Stati contraenti, di adire la Corte Ue.

Nel tentativo di sciogliere il nodo interpretativo circa l’inquadramento giuridico della fattispecie sottoposta a tassazione, i giudici hanno indicato, prioritariamente, che nella nozione di crediti con partecipazioni agli utili non possono essere ricompresi gli interessi calcolati ad un tasso fisso sul valore nominale, tra l’altro predeterminato al momento della sottoscrizione del titolo. Pertanto la Corte, rigettando la questione sul rimborso delle imposte riscosse dai singoli Stati ha deciso, seppur non espressamente, che il prelievo tributario doveva rimanere in capo allo Stato austriaco.
È evidente che l’apertura offerta dalla sentenza arricchisce gli Stati membri di un ulteriore strumento di risoluzione, insieme alle procedure amichevoli convenzionali, idoneo a definire anche la materia delle imposte dirette.

Corte Ue, causa C-648/15, sentenza del 12 settembre 2017

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