Imposte

E-commerce, il cashback «privato» equivale a uno sconto e non è imponibile

Via libera dall’interpello 338 secondo cui sono invece tassabili le formule come «porta un amico»

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di Michela Finizio

Il cashback “privato” non è imponibile. A dirlo è la risposta a interpello 338/2021 con cui l’agenzia delle Entrate risponde a una società attiva nel commercio elettronico che sul proprio portale ospita inserzioni di beni e servizi in vendita su piattaforme esterne di proprietà di soggetti terzi, a fronte di un corrispettivo proporzionato alle transazioni concluse da utenti tramite il portale. La società chiedeva di poter inquadrare il cashback come «uno sconto commerciale», in quanto l’importo rimborsato all’utente a seguito degli acquisti ha lo scopo di incentivare l’acquisto, riducendo indirettamente il prezzo lordo pagato.

La risposta affermativa dell’agenzia delle Entrate apre la strada a queste forme di sconto indiretto, a questo punto «assimilabili a quello praticato contestualmente all’acquisto».

Nel caso concreto, dunque, non si configura la corresponsione di un reddito da parte della società che, di conseguenza, non è tenuta a operare alcuna ritenuta alla fonte sugli importi erogati.

Il meccanismo del cashback

Gli utenti che accedono ai beni e servizi dei terzi attraverso il portale possono ottenere uno sconto indiretto (il cosiddetto cashback) in misura percentuale variabile e/o fissa indicata di volta in volta indicata di volta in volta e che viene applicata sull'importo degli acquisiti effettuati.

Una condizione, quella del cashback, che matura solamente una volta effettuato il pagamento da parte dell’utente (con esito positivo). Gli importi “a rimborso” vengono versati al raggiungimento di una soglia minima complessiva, nelle seguenti modalità:

- accredito su conto corrente bancario;

- accredito su conto Paypal (o equivalente sistema di pagamento);

- conversione del cashback in un buono da spendere sul sito di venditori selezionati dalla società;

- donazione del cashback ad associazioni o fondazioni selezionate.

La risposta dell’Agenzia sdogana gli «sconti indiretti»

Il beneficio sostanziale per l’utente è del tutto analogo a quello che si ottiene con uno sconto diretto: chi acquista è consapevole della riduzione del prezzo a lui spettante, cioè il relativo “sconto” a lui attribuito sotto forma di cashback. L’Agenzia sottolinea che in questo modo si offre «agli acquirenti la possibilità di “recuperare” una quota della spesa sostenuta». Si tratta, dunque, della «restituzione all’acquirente (persona fisica) di una parte della spesa per gli acquisti effettuati attraverso il portale, determinata applicando la percentuale di sconto “visualizzata” dall’utente al momento dell’acquisto». E non rileva neppure la circostanza che l’importo sia erogato successivamente e da un soggetto diverso dal fornitore del bene o servizio acquistato.

Di conseguenza, il cashback corrisposto non rientra in nessuna delle categorie reddituali previste dall’articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con Dpr 917/1986 (Tuir) e non risulta assoggettabile a imposizione.

Gli incentivi per altri utenti

Diverso, invece, secondo l’Agenzia, è il caso in cui il portale riconosce all’utente una somma per incentivarne l’utilizzo da parte di altri utenti (ad esempio, con la formula “porta un amico”), sia in misura fissa che in misura percentuale, in base agli acquisti effettuati. In tale ipotesi, infatti, le somme corrisposte costituirebbero un reddito diverso, rientrante tra quelli di cui all’articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir.

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