Adempimenti

Eccedenze Ace e perdite fiscali, crediti d’imposta da utilizzare subito

Lapresenza di 1.058 milioni per il 2020 indica che la norma è applicabile da subito

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di Marco Piazza

La definitiva conversione del Cura Italia nella formulazione uscita dal Senato non ha consentito alla Camera di recepire, fra gli altri, un importante emendamento all’articolo 55, la norma che introduce la possibilità di trasformare in crediti d’imposta le imposte anticipate relative alle perdite fiscali e alle eccedenze Ace non ancora utilizzate da parte delle società che cedano, entro il 31 dicembre 2020, crediti verso debitori inadempienti (si veda il Sole 24 Ore del 20 e 21 aprile).

L’emendamento avrebbe consentito di rimuovere alcune incongruenze interne alla norma che ne hanno reso difficile l’interpretazione.

Pur essendo auspicabile che l’emendamento venga approvato in una prossima occasione, si deve comunque ritenere che abbia già raggiunto lo scopo di rendere chiara la volontà del legislatore, soprattutto per quanto riguarda la data a partire dalla quale possono essere utilizzati i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione delle imposte anticipate.

Come più volte osservato, la relazione tecnica al decreto Cura Italia ha previsto, per il 2020, uno stanziamento a fronte della trasformazione delle Dta di 1.058 milioni, senza prevedere alcun ulteriore stanziamento per gli anni successivi. Se quindi i fondi ci sono, non è possibile che la norma sia interpretata nel senso che non siano utilizzabili, soprattutto se si tiene conto del fatto che il suo scopo, come chiarisce la relazione illustrativa, è di sostenere le imprese «sotto il profilo della liquidità» nel fronteggiare «l’attuale» contesto di incertezza economica.

La crisi di liquidità causata dal Covid 19 è attuale. È in questi mesi che sarebbe utile per le società poter utilizzare i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione per pagare l’Iva, le ritenute, le imposte dovute per l’esercizio 2019 e quindi dirottare risorse sull’assolvimento dei debiti verso i dipendenti e i fornitori, così da non contribuire ad alimentare la spirale recessiva.

Va detto che l’emendamento, come altri presentati alla Camera di analogo tenore, è tecnicamente bene fatto. Potrebbe facilmente costituire spunto per una prima circolare delle Entrate o per una linea guida del Mef che consentano di organizzarsi tempestivamente, dato che le procedure di cessione di crediti in blocco richiedono una preparazione complessa. Sarebbe anche utile che venisse confermato che il concetto di «cessione a titolo oneroso» dei crediti deve essere inteso in senso giuridico e non in senso economico e quindi comprenda anche le cessioni pro solvendo e quelle a fronte dell’emissione di titoli junior nell’ambito di procedure di cartolarizzazione.

Lo strumento, comunque, è valido e sarebbe un peccato se la sua efficacia venisse compromessa da difficoltà di ordine meramente formale.

In prospettiva andrebbe valutata l’opportunità di estendere la possibilità di trasformazione anche nel caso delle cessioni di crediti verso debitori inadempienti che saranno fatte nel 2021. Ciò in quanto concentrare le cessioni nel 2020 potrebbe congestionare il mercato dei crediti non performing. Le società che acquistano i crediti, infatti, hanno a loro volta la necessità di reperire i fondi necessari per effettuare gli acquisti e lo devono fare in un contesto in cui il mercato dei capitali è in tensione. Inevitabile, quindi, il ribaltamento dei maggiori costi di approvvigionamento di fondi sulle società che cedono loro i crediti. Se fosse possibile scaglionare le cessioni, questi effetti sarebbero limitati e la norma sarebbe certamente più efficace.

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