Elusiva la rinuncia al credito con successiva cessione di quote
È elusiva la rinuncia, da parte del socio, del credito vantato nei confronti della società partecipata, se poi cede le quote sociali a un prezzo non congruo. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 15321/2019.
Costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il Fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino le operazioni (ex pluris, Cassazione 4148/2018, 9771/2017).
Nel caso oggetto della sentenza qui commentata, i soci persone fisiche di una Srl avevano rinunciato a un credito di circa 750mila euro vantato nei confronti della società e subito dopo avevano ceduto le loro quote sociali a un prezzo inferiore al patrimonio netto della società.
Il fisco, ritenendo l’operazione elusiva, in assenza di ragioni economicamente apprezzabili, aveva contestato alla Srl la mancata dichiarazione di una sopravvenienza attiva di 750mila euro, corrispondente alla rinuncia dei crediti da parte dei soci, mentre la società invocava l’applicazione dell’articolo 88, comma 4, del Tuir (vigente nel 2008, periodo d’imposta accertato), a mente del quale non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti.
La Cassazione ha dato ragione al fisco, stabilendo che si è trattato di un’operazione antieconomica, priva di razionalità, le cui conseguenze sono andate a vantaggio della Srl, e a fronte di tali elementi non era stata fornita alcuna giustificazione dalla società, con ciò lasciando intendere che l’unica finalità era quella elusiva.
L’anno scorso, invece, era stata ritenuta non elusiva la rinuncia ai crediti da parte della società partecipante nei confronti della società partecipata, con conseguente deduzione della minusvalenza corrispondente ai crediti rinunciati in occasione della successiva cessione a terzi della partecipazione (Cassazione 14554/2018).
Dal 2015, però, la normativa di riferimento è cambiata e il nuovo articolo 88, comma 4-bis, del Tuir stabilisce che la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale.
Il legislatore ha così propeso per una soluzione che tassi l’effettivo arricchimento che si verifica in capo alla società a seguito della rinuncia del socio, piuttosto che in capo al rinunciate, il quale non trae immediato vantaggio dalla rinuncia stessa (e, eventualmente, potrebbe anche non trarne mai in futuro); la normativa previgente, invece, consentiva la deduzione dei crediti rinunciati in capo alla società, ma allo stesso tempo non prevedeva l’imposizione in capo al socio se non in base al principio di cassa (si veda Ctr Lombardia sentenza 354/14/18 del 29 gennaio 2018).