Controlli e liti

Ente religioso e Onlus: l’esenzione Imu spetta solo se non c’è profitto

La struttura ricettiva non ha provato l’assenza di carattere commerciale

di Gian Paolo Tosoni

Un fabbricato di proprietà di un ente religioso con la qualifica di Onlus non è esente da Imu se non viene dimostrato che la destinazione non ha carattere commerciale. Lo ha affermato la Ctr Lazio 6600/6/19 depositata il 27 novembre 2019 ( presidente Musumeci, relatore Caputi), rigettando l’appello del contribuente.

La fattispecie riguardava un fabbricato situato nel Comune di Roma nel quale l’ente religioso svolgeva la sua attività istituzionale di assistenza. Il Comune aveva presupposto che l’attività fosse di natura alberghiera anche alla luce del fatto che l’ente realizzava ricavi annui per alcuni milioni di euro. In effetti l’ente appellante non ha descritto la natura della attività svolta, un’operazione necessaria per sfuggire dalla “natura commerciale” dal momento che le prestazioni assistenziali venivano svolte a fronte del pagamento dei corrispettivi.

Comunque ancorché la fattispecie rientri nell’annosa questione della applicazione dell’Imu sugli immobili di proprietà degli enti religiosi, la sentenza inquadra il caso nella normativa di base istitutiva dell’imposta comunale prima e dell’Imu poi. L’articolo 7 , lettera i) del Dlgs 504/1992, dispone che sono esenti dall’imposta gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, colturali, ricreative e sportive.

I giudici ricordano che l’esenzione da Imu richiede due presupposti.

1.Soggettivamente la proprietà deve appartenere a un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Nel caso in esame tale requisito è rispettato, trattandosi di ente ecclesiastico riconosciuto come Onlus, dedicato alla attività di assistenza.

2.Oggettivamente l’immobile deve essere utilizzato esclusivamente per lo svolgimento di attività non commerciali il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando rigorosamente se l’attività svolta dall’ente, pur essendo per natura non commerciale (assistenza), sia stata effettivamente svolta con modalità istituzionali.

Ipotizzando che gli ospiti dell’immobile di proprietà dell’ente pagassero una retta, andrebbe stabilito se tale corrispettivo fosse preordinato alla sola copertura dei costi o se, invece, consentisse una certa marginalità. Al riguardo il nuovo Codice del terzo settore è molto preciso, prevedendo che la non commercialità è proprio caratterizzata dalla circostanza che i ricavi non devono superare i costi con una tolleranza del 5% per due periodi di imposta.

La sentenza riporta precedenti giurisprudenziali che convergono sulla tassazione di fabbricati di proprietà degli enti a destinazione assistenziale con modalità commerciali. Viene anche considerata la modifica apportata con l’articolo 39 del Dl 223/2006 il quale dispone che l’esenzione si intende applicabile alle attività «che non abbiano esclusivamente natura commerciale». Nella fattispecie, però, i giudici hanno ritenuto che l’intera attività fosse svolta con modalità commerciali e, quindi, ha rigettato l’appello della Onlus.

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