Errori in dichiarazione, in contenzioso il contribuente non può chiedere il rimborso
Non è legittima l’iscrizione a ruolo delle somme dichiarate e non versate se il contribuente dimostra, anche in sede contenziosa, che l’originaria dichiarazione conteneva errori che avevano determinano un prelievo fiscale superiore rispetto a quello effettivamente dovuto. Se le somme erroneamente liquidate sono state versate, il contribuente può richiedere solamente, negli ordinari termini di decadenza, il rimborso delle maggiori imposte pagate senza però la possibilità di eccepire, in sede giudiziale, l’indebito pagamento. Sono questi i principi di diritto enunciati dalla Corte di cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 5728 depositata ieri.
La vicenda fa seguito all’impugnazione di una cartella di pagamento portante l’iscrizione a ruolo di imposte che il contribuente aveva liquidato in dichiarazione senza però versarle all’erario. Il mancato pagamento veniva giustificato dal fatto che l’originaria dichiarazione conteneva degli errori; per questo il contribuente presentava una dichiarazione integrativa da cui non emergeva nessun debito d’imposta.
La sentenza di primo grado, che vedeva accolto il ricorso, veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale alla quale l’amministrazione finanziaria interponeva ricorso in Cassazione lamentando, in particolare modo, l’errore in cui erano incorsi i giudici nel ritenere legittima l’emendabilità della dichiarazione originaria.
Nel caso di specie la Corte ha precisato che la dichiarazione dei redditi, in quanto dichiarazione di scienza, affetta da errore di fatto o di diritto, è emendabile anche in sede contenziosa, senza limiti sostanziali e temporali, quando dalla medesima possa derivare un prelievo ingiusto rispetto a quello effettivamente dovuto.
Muovendo da tali premesse i giudici ricordano che quand’anche è pacifica la ritrattabilità della dichiarazione ciò non permette, stante il carattere impugnatori del processo tributario, che il contribuente possa avanzare - se a seguito dell’errore ha provveduto al versamento delle imposte - anche la richiesta di farsi riconoscere dal giudice il diritto al rimborso delle somme erroneamente pagate.
Pertanto, l’emendabilità della dichiarazione consente al contribuente di difendersi dalla pretesa tributaria ma non lo autorizza a richiedere, nella fase contenziosa con cui si contesta il presupposto dell’imposta, il rimborso delle somme erroneamente pagate.
Cassazione, sentenza 5728/2018