I temi di NT+Modulo 24

Esente il buono pasto di un lavoratore in smart working

I buoni pasto erogati ai lavoratori agili non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente

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di Cristian Valsiglio

L'Agenzia delle entrate, con risposta a interpello n. 956-2631/2020 della Dre Lazio poi ripresa a livello nazionale dalla risposta n. 123 del 22 febbraio 2021, ha fornito importanti chiarimenti in merito al regime tributario dei buoni pasto fruiti in occasione di giornate lavorate in smart working.

In tema di buoni pasto, la norma fiscale di riferimento, è presente nell’art. 51, co. 2, lett. c) del Tuir

Tale disposizione prevede che non concorrono alla formazione del reddito “le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29”.

La disposizione, in sostanza, prevede le seguenti macro-categorie di gestione defiscalizzata dei pasti a favore dei dipendenti:

Servizi di mensa aziendale;

Servizi assimilati alla mensa aziendale (c.d. mensa diffusa);

Servizi sostitutivi della mensa aziendale (buono pasto o indennità sostitutiva).

Relativamente ai buoni pasto l’esenzione fiscale è limitata ai seguenti specifici importi giornalieri:

euro 4 per i buoni pasto cartacei;

euro 8 per i buoni pasto elettronici.

Ai fini della determinazione del valore di esenzione di euro 4 o euro 8 il valore del buono pasto dovrà esse inteso al netto dei contributi obbligatori versati in conformità a disposizioni di legge e delle somme eventualmente trattenute al dipendente a concorrenza delle spese di mensa.

Con la risposta ad Interpello n. 956-2631/2020, l’Agenzia delle entrate afferma che i buoni pasto, nei limiti indicati dalla lettera c) del comma 2 dell’art. 51 del Dpr 917/1986 restano esenti anche per i lavoratori in smart working.

Infatti, in base alla Legge 81/2017, il lavoratore che svolge la prestazione in smart working ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. In merito al predetto aspetto si deve evidenziare che, salva differente previsione della contrattazione collettiva applicata in azienda, a parere della Cassazione (n. 16135/2020; cfr anche Tribunale Venezia 1069/2020), il buono pasto deve essere inteso quale trattamento assistenziale e non retributivo. Il datore di lavoro non è, pertanto, obbligato a riconoscere il buono pasto al lavoratore in smart working.

Si possono, tuttavia, prevedere trattamenti di miglior favore.

Alla luce dell’assenza di un obbligo di riconoscere il buono pasto, il soggetto istante ha pertanto chiesto all’Agenzia delle entrate se, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (in presenza o in smart working), ai fini Irpef, i buoni pasto possano rientrare tra i servizi sostitutivi di mensa esenti nei limiti di legge.

La risposta è affermativa; infatti, il Fisco da un lato ha precisato che la ratio sottesa al regime fiscale di cui all’articolo 51 del Dpr 917/1986 è ispirata dalla volontà del legislatore di detassare le erogazioni effettuate dal datore di lavoro collegate alle esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve poter consumare il pasto (Ris. AE n. 118/2006) dall’altro, proprio richiamando il Dm 122/2017, ha aggiunto che il buono pasto può essere corrisposto da parte del datore in favore dei dipendenti assunti, sia a tempo pieno che a tempo parziale, ivi incluse le ipotesi in cui l’articolazione dell’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo.

A tal riguardo, visto che la Legge 81/2017 definisce il lavoro agile una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, senza precisi vincoli di orario o di luogo della prestazione, con lo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro tramite la quale la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, l’Agenzia delle entrate ha confermato che il buono pasto concesso al dipendente per le giornate di smart working non concorre alla formazione del reddito fiscale e contributivo nel rispetto dei limiti imposti dalla disposizione tributaria di riferimento.


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