Esenzione Iva per l’attività assistenziale anche se svolta da società di capitali
Per la Cassazione la spettanza o meno dell’esenzione Iva non deve essere valutata solo a livello soggettivo ma tenendo conto anche di altri fattori
Sì all’esenzione Iva per l’attività assistenziale anche se svolta da una società di capitali. Con la sentenza 30975/2021 del 2 novembre la Cassazione torna a fare il punto circa l’ambito di applicabilità dell’agevolazione prevista dall’articolo 10, comma 1, n. 27-ter) del Dpr633/1972 (si veda l’articolo).
In particolare, la Corte ha riconosciuto l’esenzione anche per l’ente costituito in forma di società di capitali, posto che non sussisterebbe alcuna incompatibilità tra la veste societaria e la qualificazione come ente avente finalità di assistenza sociale ai fini dell’agevolazione dell’imposta sul valore aggiunto.
Un convincimento, questo, che si pone, peraltro, in linea con gli orientamenti già espressi dalla Corte di giustizia Ue, che ha ammesso tra gli enti aventi carattere di assistenza sociale destinatari dell’agevolazione Iva anche quelli che perseguono fini di lucro (Corte di giustizia Ue, 26 maggio 2005, C-498/03).
Da notare, poi, come questo chiarimento supererebbe peraltro l’interpretazione restrittiva fornita pochi mesi fa sullo stesso tema dall’agenzia delle Entrate (risposta a interpello 475/2021). In particolare, circa l’applicabilità del regime al n. 27-ter anche nell’ipotesi in cui la fondazione Onlus dovesse assumere la qualifica di impresa sociale, l’Amministrazione finanziaria aveva finito per subordinare la spettanza dell’agevolazione Iva sulla base della sussistenza del solo presupposto soggettivo (natura commerciale/ non commerciale dell’ente) e aveva, perciò, escluso dal novero le imprese sociali, in quanto enti ex se di natura commerciale. Ciò in quanto, la modifica dell’ambito soggettivo operato dal legislatore della riforma del Terzo settore e, dunque, la sostituzione della nozione di Onlus con quella di «enti del Terzo settore di natura non commerciale» è da intendersi, a dire dell’Agenzia, come manifestazione della volontà del legislatore di escludere tout court dal novero in parola gli enti di natura commerciale, ivi incluse le imprese sociali (articolo 89, comma 7, lettera b del Dlgs 117/2017 o Codice del Terzo settore).
Diverso è, invece, il convincimento cui perviene la Corte. A suo dire, la spettanza o meno dell’esenzione Iva non deve essere valutata solo a livello soggettivo – con riferimento alla natura commerciale/non commerciale dell’ente – ma tenendo conto anche di altri fattori, ossia se l’attività in concreto esercitata sia connotata da finalità di assistenza sociale o meno.
Un chiarimento “a maglie larghe” che sembrerebbe più in linea con il tenore della norma e dell’impostazione comunitaria cui la stessa deve fare i conti. Sarebbe, tuttavia, opportuno per il legislatore valutare un intervento che eviti ulteriori dubbi di applicabilità e che favorisca la compatibilità con il diritto Ue nel suo complesso.