Diritto

Terzo settore, in «Gazzetta» il decreto sulle attività diverse: fino al 30% dei ricavi totali

Pubblicato il provvedimento dei ministri del Lavoro e dell’Economia: sarà in vigore dal 10 agosto

di Gabriele Sepio

Taglia finalmente il traguardo della «Gazzetta Ufficiale» il decreto con le nuove regole per lo svolgimento delle attività «diverse» negli enti del Terzo settore. Il decreto 109/2021 del ministro del Lavoro di concerto con quello dell’Economia è stato pubblicato sulla «Gazzetta del 26 luglio» ed entrerà in vigore il 10 agosto.

Molta l’aspettativa di organizzazioni e operatori del settore, posto che si inquadrano nelle cosiddette attività diverse le tipiche entrate commerciali attraverso cui gli enti traggono risorse per sostenere gli scopi principali (sponsorizzazioni, cessioni di beni, somministrazione ecc.).

Da chiarire, in primo luogo, per quali enti troverà applicazione la disciplina contenuta nel nuovo decreto e a partire da quale momento. Innanzitutto, i nuovi parametri si applicheranno agli enti del terzo settore iscritti nel Runts, la cui operatività è attesa entro quest’anno. Saranno interessate, dunque, non solo organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale, già qualificate come Ets nel periodo transitorio, ma tutti gli enti che si iscriveranno nel nuovo registro. Trattandosi di parametri basati sul rapporto tra entrate e uscite dell’ente, così come risultanti alla fine dell’esercizio, è indubbio che i nuovi limiti non potranno che scattare dal prossimo anno, essendo improbabile una applicazione nel corso dell’esercizio.

Un discorso a parte meritano, invece, le Onlus. Tali enti potranno continuare ad applicare il regime di cui al Dlgs 460/1997 fino alla fine del periodo d’imposta in cui arriverà il vaglio Ue sui regimi fiscali del Cts. Fino a quel momento le Onlus saranno tenute ad applicare la più stringente normativa in tema di attività “connesse”.

I nuovi limiti indicati dal decreto si basano su parametri qualitativi e quantitativi. In base al primo criterio qualsiasi attività potrà qualificarsi come «diversa», a patto che le relative entrate siano reinvestite negli scopi istituzionali dell’Ets. Dal punto di vista quantitativo, invece, due sono i parametri alternativamente applicabili dall’ente. Per rientrare tra le attività diverse i relativi ricavi non dovranno essere superiori al 30% delle entrate complessive o 66% dei costi complessivi. Ovviamente la scelta del criterio è legata alle caratteristiche dell’attività svolta. Ad esempio, il parametro basato sui costi complessivi potrebbe essere quello più congeniale per gli enti che svolgono la propria attività principale, parzialmente o integralmente, a titolo gratuito. Va detto che il decreto non prevede una rigida applicazione di tali parametri. Laddove l’ente dovesse superare in un determinato esercizio i limiti previsti, infatti, sarà tenuto a segnalare tale circostanza all’ufficio Runts e avrà la possibilità di ristabilire l’equilibrio nel periodo successivo riducendo proporzionalmente il rapporto tra entrate e costi.

Articolo aggiornato il 26 luglio alle ore 20:20

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