Controlli e liti

Fallimenti, non compensabile il credito già ceduto a un terzo

Ctr Lombardia: il cessionario è l’unico soggetto legittimato ad attivare l’operazione

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di Massimo Romeo

Non è valido il provvedimento di compensazione in presenza di un soggetto non più legittimato ad ottenerne i benefici fiscali. La pronuncia da parte del Fisco della compensazione fra debito del fallito e credito della curatela, non può essere operata qualora l’originario creditore (il fallimento) abbia già ceduto la posizione creditoria a un terzo soggetto, unico legittimato ad utilizzare la sostanza creditoria.

Così si pronuncia la Commissione tributaria regionale per la Lombardia con la sentenza n. 3011 del 2 agosto 2021 (presidente Servetti – estensore Brago).

Il caso

Una società impugnava un provvedimento di compensazione, ai sensi della legge fallimentare, per un determinato importo effettuato a favore di una impresa individuale in fallimento come da relativa sentenza emessa dal Tribunale.

I giudici di prime cure accoglievano il ricorso evidenziando che l’atto di cessione del credito oggetto di compensazione era stato notificato all’agenzia delle Entrate nel maggio 2018, successivamente alla richiesta di rimborso formalizzata con trasmissione di modello Iva (inviato nell'aprile del 2018); pertanto, per effetto della cessione del credito d’imposta, il soggetto legittimato all’uso per eventuale compensazione era individuabile nella società cessionaria e non più nella curatela fallimentare.

La Ctp aveva, altresì, sottolineato che l’agenzia delle Entrate non poteva autonomamente compensare i debiti verso il fisco del soggetto fallito con i crediti che erano appartenenti alla massa fallimentare.

L’Agenzia proponeva appello sostenendo come non risultasse provato che il credito Iva vantato dal fallimento nei confronti dell’Ufficio fosse sorto prima dell’inadempimento fiscale; la pronuncia di compensazione era stata notificata alla procedura fallimentare in risposta a richiesta di rimborso presentata dalla procedura stessa prima della notifica dell’atto di cessione del credito e, quindi, l’unico soggetto legittimato ad impugnare l’atto di cessione era il fallimento e non la ricorrente.

La conferma della sentenza

I giudici del riesame decidono di confermare la sentenza di primo grado.

Preliminarmente, il Collegio osserva come non fosse stata contestata dalle parti la sequenza cronologica correlata alla formazione dell’istanza di rimborso da parte della curatela fallimentare per il credito Iva (aprile 2018), alla sua successiva cessione alla società ricorrente, alla presentazione da parte della società cessionaria di tutta la documentazione giustificativa e probatoria del credito.

Conseguenza di ciò era che l’atto impugnato, ovvero la pronuncia di compensazione operata dall'Ufficio, era stata emesso in data successiva alla cessione del credito regolarmente notificata al debitore.

La cessione, chiosano i giudici, era efficace nei confronti dell’agenzia delle Entrate prima del provvedimento emesso nei confronti della curatela, ai sensi dell’articolo 1264 del Codice civile e, dunque, la pronunciata compensazione fra debito del fallito e il credito della curatela non poteva essere operata, poiché l’originario creditore (il fallimento) aveva già ceduto la posizione creditoria a terzo soggetto, unico legittimato ad utilizzare la sostanza creditoria: il provvedimento di compensazione con soggetto non più legittimato ad ottenerne i benefici fiscali è da considerarsi atto direttamente lesivo delle pretese fiscali intestate alla società cessionaria.

Inoltre, aggiunge la Ctr, il debito Irpef vantato dall'Ufficio nei confronti della fallita impresa individuale era relativo alla dichiarazione dei redditi precedente il fallimento, il cui mancato versamento rientrava nella massa fallimentare.

Ne conseguiva che la compensazione non poteva essere in assoluto operata fra credito verso il fallito (Irpef) e debito verso la massa (Iva), in violazione della par condicio creditorum e in base ad un’attenta lettura dell’articolo 56 della legge fallimentare che presuppone la contemporanea sussistenza di crediti e debiti nei confronti del fallito e non la sussistenza di crediti soggettivamente eterogenei (fallito-massa fallimentare).

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