Contabilità

Fallimento, c’è rischio contenzioso sui contratti pendenti con la Pa

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di Giuseppe Latour

Dubbi sui contratti non completamente eseguiti, quando sia in corso la procedura di fallimento. E sulle nuove gare, per le imprese in esercizio provvisorio. Sono due passaggi sui quali servirebbero limature, secondo quanto spiega Assonime nella circolare 22 del 2019, pubblicata ieri per approfondire il tema delle procedure di affidamento dei contratti pubblici in caso di crisi di impresa.

Il documento riepiloga tutte le novità appena assestate dal Codice della crisi di impresa e dallo Sblocca cantieri per allineare la disciplina concorsuale e quella amministrativa. Il primo si applicherà a tutti gli affidamenti successivi al 16 agosto 2020; il secondo ha fissato una disciplina transitoria, che anticipa il Codice, e che si applica dal 19 aprile scorso.

In questo quadro ci sono degli elementi da definire meglio. La circolare Assonime spiega che «non è chiaro» cosa accade ai contratti ineseguiti quando sia ancora in corso il procedimento per la dichiarazione di fallimento. Secondo le interpretazioni precedenti le modifiche di questi mesi, la pendenza di un’istanza per aprire la procedura di fallimento era causa di scioglimento automatico dei contratti con la Pa.

Adesso, invece, il Codice della crisi modifica il Codice appalti facendo un riferimento espresso al suo articolo 95: qui si stabilisce che, per il concordato preventivo, i contratti in corso di esecuzione, stipulati con la Pa, non si risolvono per effetto del deposito della domanda. Una regola che, per alcuni autori, può essere applicata anche alla domanda di liquidazione giudiziale. Ma solo in via interpretativa. A complicare le cose ulteriormente, poi, c’è il fatto che lo Sblocca cantieri fa invece riferimento esplicito solo alla domanda di concordato preventivo, escludendo che la mancata risoluzione possa essere applicata al caso in cui penda una dichiarazione di fallimento.

Conclude allora la circolare che, «per evitare contenziosi amministrativi», sarebbe opportuno chiarire a livello normativo le sorti dei contratti pendenti, quando ci sia il deposito dell’istanza di fallimento.

E non è il solo tema che si presta a correzioni. Per effetto delle modifiche appena assestate, le imprese in fallimento per le quali sia stato autorizzato l’esercizio provvisorio non possono più partecipare a nuove gare; possono solo dare esecuzione a contratti già stipulati, «previa autorizzazione del giudice delegato». Il motivo è legato all’interesse pubblico alla regolare esecuzione del contratto.

La circolare Assonime sottolinea, però, alcuni problemi. L’esercizio provvisorio, in alcune situazioni, può protrarsi per mesi o per anni. Quando gli appalti della Pa rappresentano l’attività principale dell’azienda, l’esclusione della partecipazione a nuove gare può pregiudicare fortemente il valore del patrimonio aziendale e, di conseguenza, il pagamento dei creditori.

Secondo Assonime, allora, sarebbe stato più opportuno mantenere la possibilità di partecipare a nuove gare, «previa autorizzazione del giudice delegato». Magari, in queste situazioni, si potrebbero invece chiedere all’impresa requisiti rafforzati, per garantire maggiori tutele a tutti i soggetti coinvolti.

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