Diritto

Fallimento, lo statuto decide la sorte degli strumenti finanziari partecipativi

La contabilizzazione come debito o capitale dipende dalla disciplina societaria

di Giovanbattista Tona

Gli strumenti finanziari partecipativi emessi da una società, successivamente dichiarata fallita, vanno considerati, nella procedura, debito o capitale? La questione controversa è stata di recente risolta dal Tribunale di Bologna con il decreto dell’1 ottobre 2020, che valutava l’opposizione allo stato di passivo proposta da una società alla quale era stato ceduto un pacchetto di questi strumenti finanziari. E che ha stabilito che la soluzione dipende dallo statuto della società emittente e dall’eventuale regolamento adottato con riguardo ad ogni emissione.

L’ultimo comma dell’articolo 2346 del Codice civile prevede la possibilità che la società emetta particolari strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso tuttavia il voto nell’assemblea generale degli azionisti, a fronte dell’apporto da parte di soci o di terzi anche solo di opera o di servizi.

Sono titoli con natura ibrida, tra azioni e obbligazioni; non sono obbligazioni proprio per la loro natura partecipativa, non sono azioni, perché, seppure attribuiscono diritti amministrativi, non attribuiscono la facoltà di voto nell’assemblea dei soci.

Possono avere un contenuto variabile, perché l’articolo 2346 stabilisce che lo statuto della società deve disciplinare le modalità e le condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione. Se del caso può essere adottato dalla società un regolamento che disciplini tali aspetti. La regolamentazione dei diritti del sottoscrittore dello strumento finanziario partecipativo, ivi compreso il diritto alla restituzione dell’apporto, è quindi rimessa all’autonomia negoziale e in particolare alle condizioni fissate nello statuto o nel regolamento, successivamente accettate con la sottoscrizione del titolo.

Partendo da queste premesse, il Tribunale di Bologna afferma che la contabilizzazione a bilancio dell’apporto dipende dalle previsioni statutarie: se viene disciplinato come un finanziamento, andrà contabilizzato nel passivo e quindi il sottoscrittore dello strumento finanziario partecipavo in caso di fallimento potrà far valere un credito e insinuarsi nello stato passivo; se invece non si stabilisce un obbligo di restituzione dell’apporto e quindi il sottoscrittore partecipa anche del rischio di impresa, andrà contabilizzato nel patrimonio netto, sicché in caso di fallimento verrà computato come attivo e comunque il sottoscrittore non potrà vantare alcun credito.

Ma possono esservi ipotesi più complesse come quella sottoposta all’attenzione dei giudici bolognesi.

Lo strumento partecipativo fatto valere in quel giudizio era stato disciplinato da un regolamento che prevedeva a favore del sottoscrittore la possibilità di ottenere la restituzione ma la limitava a due ipotesi: recesso del sottoscrittore o rimborso anticipato ad iniziativa della società emittente.

Il recesso era disciplinato come un diritto potestativo, che poteva essere esercitato senza addurre alcuna specifica motivazione, ma era stato previsto che non fosse consentito avvalersene prima del decorso di cinque anni dalla sottoscrizione.

Pertanto la volontà della società emittente era chiaramente quella di rendere i sottoscrittori per cinque anni partecipi del rischio di impresa e di attribuire loro la qualità di meri finanziatori per il periodo successivo, ove non avessero voluto esercitare il diritto alla restituzione.

Il Tribunale ha escluso che la dichiarazione di fallimento anticipasse la possibilità di esercitare il recesso e ha ritenuto che la disciplina statutaria prevalesse su quella fallimentare. Quindi ha escluso dal passivo gli strumenti partecipativi sottoscritti meno di cinque anni prima dalla dichiarazione di fallimento, considerando il relativo apporto come facente parte della massa attiva della procedura.

Il quadro
Competenze
L’istituzione di strumenti finanziari partecipativi è una competenza inderogabile dell’assemblea straordinaria, non delegabile all’organo amministrativo. L’assemblea straordinaria assume anche la decisione di emettere quelli di cui ha approvato la disciplina statutaria, mentre l’effettiva emissione è un’attività esecutiva, di competenza degli amministratori.
Consiglio notarile di Milano, massima n. 163/2017

Soddisfacimento creditori
Se, per evitare la dichiarazione di fallimento, la società propone un piano di concordato con continuità, in forza del principio di atipicità della proposta concordataria (articolo 160, comma 1, lettera a) della legge fallimentare), è legittimo prevedere l’emissione di strumenti finanziari partecipativi e la loro attribuzione ai creditori come forma di soddisfacimento dei loro crediti.
Tribunale di Ravenna, 29 maggio 2020

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