Adempimenti

Fattura elettronica, stretta sui rifiuti delle Pa: solo cinque casi e sempre da mettere in chiaro

Al traguardo della «Gazzetta» il Dm 132/2020. Nuove regole in vigore dal 6 novembre: niente stop all’e-fattura se l’errore si può correggere con nota di variazione

di Giovanni Parente

Riferimento a un’operazione non posta in essere in favore del destinatario. Omessa o errata indicazione del Codice identificativo di gara (Cig) o del Codice unico di Progetto (Cup), del codice di repertorio o ancora del codice di autorizzazione all’immissione in commercio. Omessa o errata indicazione del numero e data della determinazione dirigenziale d’impegno di spesa per le fatture emesse nei confronti delle Regioni e degli enti locali. Arriva lo stop ai rifiuti non motivati da parte delle pubbliche amministrazioni alle fatture elettroniche da parte dei fornitori privati. A discplinarli, dando così attuazione a una norma che era stata prevista nel decreto fiscale collegato alla manovra 2019 (Dl 119/2018), è il decreto 132/2020 del ministero dell’Economia di concerto con quello della Pa (datato 24 agosto 2020) pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 22 ottobre e in vigore dal prossimo 6 novembre. In questo modo si mette un limite fortissimo a eventuali rifiuti strumentali finalizzati a non pagare o a ritardare i pagamenti.

Errori non correggibili
Un decreto che fissa due capisaldi. Le pubbliche amministrazioni non possono mai rifiutare fatture elettroniche «nei casi in cui gli elementi informativi possono essere corretti mediante le procedure di variazione» previsti dall’articolo 26 del Dpr 633/1972. Inoltre «il soggetto destinatario, nel caso in cui notifichi al trasmittente il rifiuto della fattura elettronica, deve indicare la causa del rifiuto riportando i casi previsti».

Le modifiche intervengono sul decreto interministeriale Economia-Pubblica amministrazione 55 del 2013, che disciplina la fattura elettronica verso le Pa, aggiungendo l’articolo 2-bis denominato «Cause che consentono alle amministrazioni destinatarie di rifiutare le fatture elettroniche».

Il catalogo delle cinque cause di rifiuto
Come anticipato, quindi, dal 6 novembre 2020 le casistiche che possono legittimare la mancata accettazione della fattura da parte di un fornitore privato della Pa sono cinque. Vediamoli meglio nel dettaglio.

1) Fattura elettronica riferita a una operazione che non è stata posta in essere in favore del soggetto destinatario della trasmissione.

2) Omessa o errata indicazione del Codice identificativo di gara (Cig) o del Codice unico di progetto (Cup), da riportare in fattura in base all’articolo 25, comma 2, del Dl 66/2014, ad eccezione dei casi di esclusione previsti dalla lettera a) sempre del comma 2.

3) omessa o errata indicazione del codice di repertorio (decreto del ministro della Salute 21 dicembre 2009) da riportare in fattura (articolo 9-ter, comma 6, del Dl 78/2015).

4) omessa o errata indicazione del codice di Autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) e del corrispondente quantitativo da riportare in fattura in base a quanto previsto dal decreto del ministero dell’Economia di concerto con quello della Salute del 20 dicembre 2017.

5) Omessa o errata indicazione del numero e data della determinazione dirigenziale d’impegno di spesa per le fatture emesse nei confronti delle Regioni e degli enti locali.

La trasparenza
C’è poi il fattore trasparenza. Perché il Dm 132/2020 prevede che il rifiuto andrà sempre comunicato con le modalità previste dal paragrafo 4.5 dell’allegato B al Dm 55/2013 entro il termine indicato dalle specifiche tecniche. E soprattutto andrà messa in chiaro quale delle 5 possibili cause hanno indotto al rifiuto.

Invarianza finanziaria
Il Dm 132/2020 contiene anche una clausola di invarianza finanziaria in base alla quale le nuove disposizioni «non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

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