Imposte

Fatture al bivio per le mascherine importate da terzi

Agevolato l’acquisto di Dpi da un soggetto diverso dall’ente. L’assenza di rappresentanza complica le cose

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di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

L’esenzione da dazi e Iva spetta anche quando l’importazione di dispositivi per l’emergenza sanitaria in corso è eseguita da un soggetto diverso dall’ente o dall’organismo destinatario dell’agevolazione. Ma quando l’importazione è eseguita da un terzo, la fatturazione non è così scontata. Andiamo per gradi.

1. Importazione su mandato
Innanzitutto, resta fermo che, in linea con le finalità dell’intervento ora autorizzato dall’Ue (decisione 2020/491), se l’importazione non è eseguita direttamente dagli enti, i beni devono essere importati «per conto» di tali soggetti, i quali li devono distribuire gratuitamente ai destinatari appositamente individuati, come previsto, da ultimo, dalla determina delle Dogane n. 107042 del 3 aprile.

Il terzo che agisce in veste d’importatore opera quindi in forza di un “mandato”. L’esistenza di tale rapporto fra l’ente-mandante e l’importatore-mandatario, è più volte sottolineata. Oltre che al punto 6 della determina 107042, il riferimento è contenuto anche nella precedente determinazione 102121, in cui è detto che l’importazione può avvenire da parte di intermediari «per conto e su mandato» dei destinatari, ed è altresì presente nel modello d’autocertificazione dell’importatore, il quale dichiara di agire per conto del destinatario sulla base di un mandato.

2. Mandato con rappresentanza
Se il mandato va inteso in senso tecnico, ciò significa che, in ottica Iva, quando l’importatore agisce in forza di un mandato con rappresentanza, il riaddebito avverrà escludendo, dalla base imponibile della fattura emessa all’ente-organismo, l’importo di tutte le somme anticipate dall’intermediario, in base all’articolo 15, Dpr 633/72 (con esclusione dei dazi e dell’Iva non pagati per effetto dell’esenzione).

3. Contratto di commissione
Se invece il mandato è senza rappresentanza (trattandosi di beni, il riferimento sarebbe al contratto di commissione) e, pertanto, l’importatore “rivende” i beni importati all’ente per la loro successiva distribuzione gratuita, come pare confermare anche una Faq presente sul sito delle Dogane (nell’area dedicata all’emergenza coronavirus), si pone il tema di come “trasferire” l’agevolazione all’ente, nel presupposto che tale operazione debba avvenire comunque senza applicazione dell’imposta.

Non è infatti ipotizzabile che l’importatore fatturi con Iva il “passaggio” all’ente dei beni importati in franchigia (e ciò, si ritiene, neppure se l’importatore dovesse spuntare un margine nella rivendita), dato che sarebbe altrimenti annullata la finalità della norma.

Al riguardo, tuttavia, non pare che vi siano solidi appigli nella normativa interna per risolvere la questione in modo certo, né validi supporti nella disciplina comunitaria, compresa quella in materia di esenzioni dell’Iva all’importazione (direttiva 2009/132) richiamata dall’autorizzazione comunitaria (il rinvio al regolamento 1186/2009 riguarda l’esenzione daziaria).

Dato che, in base alla logica del mandato, l’operazione mantiene le proprie caratteristiche nel “passaggio” al mandante, dovrebbe concludersi che nella fattura emessa dall’importatore la disapplicazione dell’imposta possa avvenire richiamando gli estremi dell’autorizzazione comunitaria, unitamente a quelli degli atti interni di riferimento. Resta il problema tecnico in caso d’emissione di fattura elettronica (che sarà, normalmente, in formato Pa in split payment). In attesa d’istruzioni, quanto mai urgenti, l’importatore avrebbe due vie da percorrere:
a) fatturare senz’Iva utilizzando il codice N2 (N2.2 facoltativamente dal 4 maggio);
b) altrimenti, parrebbe possibile fatturare con Iva e trasmettere contestualmente una nota d’accredito per sola imposta.

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