Imposte

Fatture false, dolo con frode consapevole

di Laura Ambrosi

Il dolo per la configurazione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante fatture soggettivamente inesistenti è la consapevolezza del contribuente di partecipare ad una frode . A fornire questo chiarimento è la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 39541 depositata ieri.

Il fatto
Il legale rappresentante di una società era stato condannato, dalla Corte di appello, alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per il reato di utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
L’imputato avverso la decisione proponeva ricorso in Cassazione lamentando un’errata interpretazione della norma, poiché essendo il costo integralmente deducibile, doveva escludersi qualunque evasione.ù

La decisione
La Suprema Corte, confermando la decisione del giudice territoriale, ha fornito alcuni chiarimenti sul punto. Innanzitutto, i giudici di legittimità hanno ricordato che il Dl 16/2012 aveva disciplinato il trattamento fiscale dei «costi da reato» ovvero dei proventi derivanti da attività illecite.

La falsità soggettiva è riferita a fatture emesse da soggetti che non hanno effettuato la prestazione, per le quali è prevista, ai fini squisitamente fiscali, l’indetraibilità dell’Iva (poiché il versamento dell’imposta ad un soggetto non operativo o diverso da quello effettivo, consente l’evasione del tributo) e la deducibilità integrale del costo (atteso che l’impresa ha concretamente sostenuto l’esborso economico indicato nella fattura soggettivamente inesistente, con la conseguenza che non si concretizza alcuna evasione).

La deducibilità è comunque subordinata all’inerenza del costo sostenuto rispetto all’attività di impresa.

Per le operazioni oggettivamente inesistenti, invece, è prevista la totale irrilevanza ai fini tributari e quindi l’indetraibilità dell’Iva e l’indeducibilità del costo.

La Cassazione ha però precisato che ai fini penali la norma tributaria non ha alcun riflesso: non esiste, infatti, nel Dlgs 74/2000 alcuna differenza tra l’utilizzo di fatture soggettivamente ovvero oggettivamente inesistenti. Si tratta, così di norme funzionali per l’accertamento tributario e senza senso per il procedimento penale. La Suprema Corte ha rilevato che il dolo nelle operazioni soggettivamente inesistenti consiste nella consapevolezza da parte del contribuente di partecipare ad un sistema di frode fiscale.

Nella sentenza è così affermato che ai fini penali, tale consapevolezza, comporta l’indeducibilità di qualsiasi componente negativo riconducibile a fatti qualificabili come reato «per violazione del principio di inerenza».

Corte di cassazione, sentenza 39541/2017

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