Fatture false senza frode, rinvio alla Corte di giustizia sull’indetraibilità Iva
La disciplina italiana sull’Iva torna all’esame della Corte di giustizia. A chiedere un intervento chiarificatore dei giudici del Lussemburgo è l’ ordinanza 1714/1/2017 della Ctr Lombardia , depositata venerdì scorso. La questione riguarda il versamento dell’imposta da parte del cedente e l’indetraibilità per il cessionario in presenza di operazioni per fatture inesistenti che però non configurano una frode e non arrecano alcun danno all’Erario.
Operazioni simulate
La questione scaturisce dagli accertamenti relativi agli anni 2009 e 2010 nei confronti di una società, con cui l’Agenzia non ha riconosciuto la detrazione Iva per cessioni di energia elettrica, ritenute soggettivamente inesistenti, perché effettuate nell’ambito di un gruppo solo per indicare valori contabili più elevati in modo da accedere a finanziamenti bancari. In primo grado la Ctp non ha accolto i ricorsi della società (nei confronti della quale le contestazioni del Fisco si aggiravano complessivamente per i due anni in poco meno di 70mila euro, conisderando anche sanzioni e interessi). Quest’ultima ha presentato appello , chiedendo anche il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue per contrasto con i principi di proporzionalità e neutralità. Mentre l’amministrazione finanziaria, nelle sue controdeduzioni, ha ricordato tra l’altro come la Cassazione in varie pronunce abbia confermato l’indetraibilità dell’Iva per l’utilizzatore di fatture per operazioni sottostanti inesistenti mentre l’Iva è contestualmente dovuta dall’emittente in base al principio di cartolarità.
Conformità ai principi Ue
Nel sospendere il procedimento per rinviare la questione alla Corte di giustizia Ue, la Ctr Lombardia opera una ricostruzione del quadro normativo interno anche alla luce delle pronunce di legittimità: «Per il principio di cartolarità posto a base del sistema impositivo dell’Iva, l’imposta è dunque dovuta ogni qualvolta la fattura sia emessa, seppure rifletta un’operazione inesistente: non ne è consentita la detrazione per mancanza del presupposto di un effettivo acquisto di beni e servizi». E aggiunge che la normativa punta a evitare «la perdita di entrate fiscali conseguenti all’utilizzazione in detrazione di una fattura emessa per operazioni inesistenti da parte di soggetti poi inadempienti o potenzialmente inadempienti ai propri obblighi fiscali».
Tuttavia l’ordinanza, in relazione al caso specifico relativo a «vendite e acquisti che si affermano essere simulati», si chiede se «sia conforme ai principi comunitari la pretesa di richiedere di volta in volta l’imposta Iva sia al cedente che l’ha versata e non ha la possibilità, decorso il termine annuale, di ottenere il rimborso portandola a credito, che al cessionario al quale è inibita la detrazione».
L’assenza di frode
In realtà, nella situazione al centro della controversia, i passaggi fra le varie società del gruppo si sarebbero concluse con l’apparente “riacquisto” da parte dello stesso soggetto dell’energia apparentemente ceduta.
Ciò, ad avviso della Commissione regionale, «comporta di per sé la neutralizzazione di qualsiasi vantaggio fiscale, per effetto della “circolarità” delle cessioni e nessun danno erariale». Di conseguenza, «in assenza di frode sembra a questo collegio che debba prevalere il principio di neutralità dell’imposta, più volte richiamato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, essendo qui esclusa ogni ipotesi di “frode carosello”, vertendosi se mai nell’ipotesi di contratti simulati». Da qui il rinvio della questione ai giudici del Lussemburgo.
Ctr Lombardia, ordinanza 1714/01/2017